Trump arrestato
Donald Trump è stato arrestato, ma nonostante la condanna potrebbe diventare di nuovo il presidente degli Stati Uniti
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Donald Trump è stato arrestato, ma nonostante la condanna potrebbe diventare di nuovo il presidente degli Stati Uniti
È un giorno storico per gli Stati Uniti, con potenziali riflessi sullo scenario politico internazionale. Donald Trump è stato arrestato poco fa alla procura di Manhattan. L’accusa principale a suo carico è di aver comprato il silenzio della pornostar Stormy Daniels, pagata circa 130 mila dollari sette anni fa affinché non rivelasse la loro relazione durante la campagna elettorale che ha portato il tycoon alla Casa Bianca. È il primo presidente che finisce davanti al grand jury. Lo scandalo è stato svelato dal Wall Street Journal nel 2018: Trump avrebbe sottratto i fondi per ottenere il silenzio della pornostar sottraendoli ai finanziamenti per la campagna elettorale, violando il regolamento federale sulle elezioni. È sotto processo complessivamente per 30 capi di accusa per reati gravi. Secondo Newsweek, che riporta il pensiero di Lisa Bloom, il legale di Harvey Weinstein, Trump rischia oltre 100 anni di carcere. Si è presentato, The Donald, con il solito piglio autoritario, lo stesso che ha preceduto l’assalto di Capitol Hill del gennaio del 2021. Lo ha seguito un cameraman, che ha ripreso le ore precedenti all’arrivo in procura. Pare abbia preteso la foto segnaletica. Prima di recarsi a Manhattan c’è stato il tempo per il tweet sulla sua piattaforma social, The Truth: “Mi stanno per arrestare, è surreale”, ha scritto l’ex presidente. New York ha atteso il giorno del giudizio tra transenne e divieti: una città blindata, con un dispiegamento record di forze dell’ordine. Ci sono stati anche tafferugli tra manifestanti pro e contro Trump, che avrebbe preferito il trasferimento del processo a Staten Island, uno dei cinque distretti di New York (con base repubblicana). Ora è atteso al ritorno in Florida.
Secondo un cronista del New York Times, c’era addirittura più gente a manifestare rispetto all’arresto del Chapo Guzman, il trafficante di droga più potente e famoso al mondo. Davanti alla procura di Manhattan i manifestanti pro-Trump si sono fatti immortalare avvolti dalla bandiera americana. Nella stessa area dei seguaci di The Donald c’era anche la repubblicana Marjorie Greene, seguace di Trump, cospirazionista di QAnon e scalatrice senza sosta del Gop: lei avrebbe dato la notizia dell’incriminazione all’ex presidente degli Stati Uniti. È stata sommersa di fischi.
In attesa dell’arrivo di Trump davanti alla procura newyorkese, si sono definiti gli schieramenti mediatici: la Cnn ha evidenziato l’esito di un sondaggio secondo cui il 60% degli americani approverebbe l’incriminazione di Trump e il 75% degli interpellati ritiene che la politica abbia giocato un ruolo principale nella delicata fase processuale per l’ex presidente americano. Invece Fox News, avamposto del trumpismo più spinto, apostrofava come “assurdo” il processo a carico di Trump, evidenziando come il clamore mediatico fosse un danno anche per Joe Biden, anche lui nell’occhio del ciclone per i documenti (secretati) rinvenuti nelle sue abitazioni private e costretto a rimandare all’autunno l’annuncio della ricandidatura alle primarie democrat per la Casa Bianca.
A proposito della campagna elettorale, nelle ore precedenti alla presenza di Trump in procura lo staff di Trump ha fatto sapere che la campagna elettorale dell’ex presidente per il 2024 ha raccolto più di cinque milioni di dollari. “Sondaggio dopo sondaggio si mostra che questa persecuzione politica da parte del procuratore distrettuale di Manhattan ha suscitato un enorme sostegno al presidente Trump”, ha detto il portavoce della campagna Steven Cheung. Le ultime proiezioni delle primarie repubblicane – a poche ore dall’incriminazione – hanno attribuito a Trump circa il 55% delle preferenze, tre punti in più rispetto a tre giorni fa, rilevazione coincidente con la notizia della convocazione alla procura di Manhattan. Il suo margine è in crescita rispetto a Ron De Santis, il governatore della Florida e carta forte dei conservatori, che si ritrova a 30 punti percentuali di distacco. Anche per questo motivo si è assistito a Manhattan a una sfilata di parlamentari repubblicani in sostegno a Trump.
Insomma, The Donald è incriminato, rischia il carcere e paradossalmente può correre per la Casa Bianca: la Costituzione degli Stati Uniti non prevede l’assenza di precedenti penali come requisito essenziale per l’elezione da presidente. Quindi potrebbe verificarsi l’ipotesi che Trump diventi presidente di nuovo, anche se condannato. Lo sguardo ora ovviamente è volto alla fase processuale, che si immagina infuocata. Trump ha già mostrato che il limite non è tra le parole più considerate nel suo personale dizionario, dispone di mezzi economici e della grancassa mediatica per determinare uno stato di tensione costante. Il suo processo si andrà a intrecciare alla lunga campagna elettorale che porterà all’elezione del nuovo presidente degli Stati Uniti nell’autunno del 2024, all’interno di un contesto internazionale segnato dalla guerra in Ucraina.
Il timore a stretto giro si sposta sulle potenziali reazioni all’arresto di Trump. L’ex presidente ha lanciato diversi appelli attraverso il suo social – The Truth Social, un vero flop che ha portato perdite a Trump per 700 milioni di dollari – per “riprendersi il paese” nel caso fosse stato arrestato.
Di Nicola Sellitti
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