Kim Jong-un ha vietato di ridere per undici giorni ai suoi cittadini. Una decisione che ci ricorda quanto preziosa sia, in democrazia, la satira e la libertà di dissacrare tutto.
Se ridi, in galera! Se bevi, in galera! Per capire e conservare il valore della libertà serve salvaguardarla tutta, compresi i suoi aspetti più urticanti, come la satira feroce, il prender in giro ogni cosa (anche il potere o un tabù come la morte) e il vizio del bere. Perché i totalitarismi, avvezzi al controllo, non li tollerano. Anzi. Li puniscono.
È di queste ore la no-tizia che il dittatore nordcoreano Kim Jong-un ha vietato di ridere per undici giorni ai suoi cittadini. L’occasione del divieto è stata offerta dalle celebrazioni per il decimo anniversario della morte di Kim Jong-II, il padre dell’attuale dittatore della Corea del Nord. I nordcoreani non potranno né ridere né bere pena – se sorpresi in fallo – il rischio del carcere.
La decisione del giovane (ormai cresciuto) Kim deve far riflettere le democrazie. Fare la guerra alla satira, anche quando è particolarmente dura o magari non fa ridere, è cosa sbagliata. Dissacrare tutto è una regola di libertà e per eventuali diffamazioni ci sono e bastano le leggi.
Quanto ai vizi, da troppo tempo ormai pure in Occidente vi è un’ambigua tendenza allo Stato etico, dove l’alcol o altri atteggiamenti non salutisti son giudicati politicamente scorretti e messi all’indice morale (ma, grazie al diritto, non giuridico). Per chi nutrisse qualche dubbio sul vizio intangibile della libertà, citiamo un verso da “Il lamento del tabaccaio” dello scrittore Ennio Flaiano: «Da vecchio, tutte le voglio vedere / Da vecchio, solo le puttane e il bere». Ahahahah.
di Aldo Smilzo
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