app-menu Social mobile

Skip to main content
Scarica e leggi gratis su app
Julia Ituma funerali

Julia Ituma, il silenzio e la riflessione

Una riflessione sulla tragedia di Julia Ituma e su quanto, a volte, possa essere feroce lo sport e la vita stessa
|

Julia Ituma, il silenzio e la riflessione

Una riflessione sulla tragedia di Julia Ituma e su quanto, a volte, possa essere feroce lo sport e la vita stessa
|

Julia Ituma, il silenzio e la riflessione

Una riflessione sulla tragedia di Julia Ituma e su quanto, a volte, possa essere feroce lo sport e la vita stessa
|
|
Una riflessione sulla tragedia di Julia Ituma e su quanto, a volte, possa essere feroce lo sport e la vita stessa
Il ricordo di Julia Ituma deve essere accompagnato dal rispetto e dal silenzio. Questa non è una riflessione sulla sua tragedia, sul mistero destinato a restare insondabile di una scelta estrema. C’è solo tanto affetto. È un modesto, ma sentito pensiero su alcune parole che hanno accompagnato anche con dolcezza l’ultimo saluto a questa ragazza appena all’inizio del suo viaggio. A chi – con sincera partecipazione – ha richiamato il pericolo di un eccesso di agonismo e senso competitivo che potrebbero averle consumato la voglia di vivere. Ripetiamo, non parliamo di Julia, ma lo sport professionistico è competizione al massimo livello, spesso psicologicamente feroce. Si pensi all’ansia che può divorare un calciatore alla vigilia di una grande partita, a uno sprinter sulla linea di partenza dei 100 alle Olimpiadi, a quello sport magnifico, ma psicologicamente devastante che è il tennis. L’agonismo si nutre del senso di competizione, del desiderio legittimo non solo di vincere, ma di sopraffare l’avversario. Non di rado dominandolo psicologicamente. Lo sport ai massimi livelli è anche questo e non facciamo finta che possa essere altro. Le stesse passioni irrefrenabili che sa scatenare nel pubblico, nei tifosi e negli appassionati ne sono una prova incontrovertibile. Tutt’altro è, invece, la capacità di educare i più giovani ai valori dello sport e delle strutture professionistiche di gestire l’insieme di queste pressioni. Nel primo caso, assistiamo regolarmente a troppi genitori e allenatori di talenti o presunti tali – dalla più tenera età – incapaci di comprendere il senso del limite e della loro reale missione. Nel 99,9% periodico dei ragazzini che cominciano a prendere a calci un pallone, impugnano una racchetta o imparano a schiacciare NON c’è futuro campione. Gli Alcaraz e i Sinner sono casi unici. Non rari. Quanto alle società professionistiche, devono essere in grado di accompagnare gli atleti nella vera e propria impresa che è la gestione delle pressioni. Ancor più, solo strutture altamente preparate e formate saranno in grado di individuare segnali di disagio e problemi che vadano ben oltre la pura questione agonistica. Se non sapremo fare tutto questo, avremo mancato ai precisi doveri di genitori e professionisti dello sport. di Fulvio Giuliani

La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!

Leggi anche

La giungla della scuola e della società italiana

17 Novembre 2024
A Castellammare di Stabia, in Campania, un’insegnante di sostegno è stata malmenata da un gruppo…

L’ex fidanzato di Chiara Balistreri dalla latitanza: “Le ho dato solo due schiaffi, con un mio pugno sarebbe andata in coma”

16 Novembre 2024
Chiara Balistreri aveva postato un video sui social per mostrare il suo volto e per raccontare l…

“No Meloni Day atto II”, proteste in tutta Italia. Scontri a Torino: 15 poliziotti in ospedale

15 Novembre 2024
Migliaia di studenti universitari e liceali sono scesi in piazza in oltre 35 città italiane per …

Ragazza morta dopo un intervento al naso: lo studio risulta senza autorizzazione

15 Novembre 2024
“Lo studio del medico dove è stata operata Margaret Spada non risulta autorizzato per attività p…

LEGGI GRATIS La Ragione

GUARDA i nostri video

ASCOLTA i nostri podcast

REGISTRATI / ACCEDI