Nucleare, agire non parlarne
Nucleare, agire non parlarne
Nucleare, agire non parlarne
Se è vero, come è vero, che oltre l’80% dell’energia primaria viene all’Italia da petrolio, gas e carbone, allora l’alternativa tra le fonti di energia possibile non è tra fossili e rinnovabili bensì tra fossili e nucleare. Con le rinnovabili, cioè le pale e i pannelli, non si soddisfa infatti nemmeno il fabbisogno dell’energia elettrica domestica, figurarsi se si possa puntare sulle cosiddette fonti di energia pulita per soddisfare il fabbisogno industriale e del sistema-Paese. Le rinnovabili possono essere utili per integrare, per aggiungere, per completare ma giammai per sostituire e per fare a meno della ‘potenza energetica’ – non solo dell’energia – che ci deriva dai fossili o dal nucleare. Le rinnovabili semplicemente non sono in gioco perché non sono in grado di sostenere il tradizionale mondo civile come lo conosciamo e come è stato creato dalla rivoluzione industriale in poi. Ciò che, invece, è in gioco è il nucleare. Sul quale, però – più che l’esito nefasto del referendum del 1987 – pende un pregiudizio tanto negativo quanto ideologico dell’ambientalismo italiano contemporaneo. Come si recupera il nucleare alla vita civile?
L’altro giorno il ministro per le Infrastrutture, Matteo Salvini, presentando le opere pubbliche sulle quali il governo ha intenzione di investire per il futuro prossimo, ha toccato anche il tema delle centrali nucleari. La sua dichiarazione precisa è stata questa: «Sono un nuclearista convinto, non possiamo precluderci nessuna fonte energetica: in sette anni potremmo avere un reattore nucleare attivo. Sono pronto a tornare al referendum e convocherò un tavolo sul nucleare». Cosa c’è da dire su questo annuncio? Che è un annuncio e nulla più.
Gli effetti del referendum di quasi quarant’anni fa sono ormai cessati. Se c’è una cosa che non va fatta per intraprendere la via necessaria del nucleare è la propaganda. Che il ministro Salvini sia un ‘nuclearista’ può far piacere e può essere utile, ma non è come dire che è milanista: la scelta per il ritorno al nucleare va fatta su basi razionali e reali, non sul tifo e la fede. Le ragioni del nucleare non vanno usate sul piano elettorale e, anzi, hanno effetti elettorali positivi solo e soltanto se sono presentati al di là delle strumentalizzazioni e della propaganda. Mai come in questo caso decisivo è fondamentale la serietà. Le polemiche, lo scontro, le tifoserie servono soltanto a non raggiungere lo scopo che, invece, è semplicemente vitale per l’Italia e la sua presenza nel mondo.
Dunque essere chiari, precisi, quasi didascalici è importante perché il tema inevitabilmente non solo attrae, ma crea divisione. Eppure già oggi il governo italiano importa dall’estero una quota di ‘potenza energetica’ prodotta con le centrali nucleari. Come a dire che si usa, ma non si dice. Sicuramente si usa ma non si fa, non si produce. Perché? Per scelte sbagliate, irrazionali e persino anti-ecologiche perché oggi proprio il nucleare di ultima generazione è la fonte più pulita e meno inquinante. Tutto il resto – a meno di non voler vivere nell’Arcadia pastorale – deve fare i conti da un lato con l’inquinamento e dall’altro lato con la incapacità di sostenere e alimentare il mondo, comodo e a portata di mano, come lo conosciamo oggi. La politica dell’approvvigionamento energetico riguarda la stessa capacità dello Stato italiano di essere presente con autorevolezza sulla scena europea e mondiale. Invece di essere ‘divisiva’ e generare addirittura ‘visioni del mondo’ contrapposte, dovrebbe essere il più possibile unitaria.
di Giancristiano DesiderioLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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