La superficialità che uccide l’anima
La società non è stata mai così divisa come oggi. Le divisioni di un tempo però erano figlie di profonde analisi ideologiche. Oggi non si crede più a nulla
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La superficialità che uccide l’anima
La società non è stata mai così divisa come oggi. Le divisioni di un tempo però erano figlie di profonde analisi ideologiche. Oggi non si crede più a nulla
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La superficialità che uccide l’anima
La società non è stata mai così divisa come oggi. Le divisioni di un tempo però erano figlie di profonde analisi ideologiche. Oggi non si crede più a nulla
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La società non è stata mai così divisa come oggi. Le divisioni di un tempo però erano figlie di profonde analisi ideologiche. Oggi non si crede più a nulla
Sono tempi di profonde spaccature, di faglie che si aprono lungo la nostra società, dividendola per “tribù“. Ci si riconosce poco, ci si disprezza tanto.
Non abbiamo inventato nulla, sia chiaro: se restiamo alla stretta attualità, negli Stati Uniti d’America sono messi sicuramente peggio di noi. La società Usa non è stata mai così divisa. Chi ha vissuto l’Italia degli anni 70 – pensando al passato – ricorderà i furibondi dibattiti che dividevano comunisti, democristiani, socialisti, liberali (i missini erano fuori gioco). Nelle memorie di bambino di chi scrive ci sono le immagini di serissimi professionisti pronti a sventolare il libretto rosso di Mao con sincera convinzione. Roba da vergognarsi per tutta un’esistenza…
Nulla di diverso, quindi? Non diremmo, perché le divisioni di un tempo erano figlie di profonde analisi ideologiche, derivavano da convinzioni personali apparentemente granitiche. Ci si credeva, per farla molto breve: al sol dell’avvenire, alla democrazie a rischio, alle ingiustizie sociali, alla guerra imperialista, eccetera. Oggi non si crede più a nulla. Se preferite, si è pronti a credere alle bestialità più inconcepibili. Non è solo questione di fake news, è qualcosa di più sottile e invasivo. Il rifiuto dell’impegno e della fatica necessari a capire.
Pensate agli ultimi otto giorni: i tragici fatti del 7 ottobre e dei giorni seguenti impongono analisi severe, documentate, un equilibrio che rispetti la verità storica e quella fattuale. Se nelle ultime ore abbiamo sentito più volte la necessità di sottolineare lo sconcio della mattanza dei civili israeliani è perché taluni la vorrebbero dimenticata, edulcorata, negata, mascherata. Approfittando di un pubblico che non sa e si fida di fonti totalmente screditate o semplicemente improponibili.
Pur di scegliere la risposta facile a problemi di una complessità tale da angosciare per decenni alcune fra le menti più fini del pianeta. Davanti ai massacri di Hamas, invece, fioriscono i Soloni dell’ultimo secondo, quelli che ti vogliono spiegare il conflitto arabo-israeliano con mezzo tweet o una battuta sprezzante. Chi si affanna – noi fra questi – a sottolineare la necessità di comprendere, valutare e soppesare le diverse posizioni e ruoli dei protagonisti di questa settimana orribile, passa per mistificatore. Per abbindolatore del “popolo“.
Ai tempi delle ideologie e dei dibattiti sul libretto rosso, sarebbero stati accompagnati alla porta anche nell’ultima delle assemblee di periferia. Non sarebbe stato dato alcun ascolto a un simile spettacolo di superficialità, che oggi tracima dai social e da fior di canali televisivi. Eccola una drammatica differenza da tempi per i quali non proviamo alcuna nostalgia. Eppure, fra errori ed esagerazioni, tanti son venuti fuori sviluppando una coscienza e una sensibilità che oggi sembrano lunari. Una realtà di fatto che non fa presagire nulla di buono.
Di Fulvio Giuliani
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