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rifugiati israele

Rifugiati israeliani

Ci sono adesso migliaia di “rifugiati interni” in Israele. Dopo l’eccidio del 7 ottobre nessuno può continuare a vivere nell’area
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Ci sono adesso migliaia di “rifugiati interni” in Israele. Dopo l’eccidio del 7 ottobre nessuno può continuare a vivere nell’area
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Ci sono adesso migliaia di “rifugiati interni” in Israele. Dopo l’eccidio del 7 ottobre nessuno può continuare a vivere nell’area
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Ci sono adesso migliaia di “rifugiati interni” in Israele. Dopo l’eccidio del 7 ottobre nessuno può continuare a vivere nell’area

Gerusalemme – Ci sono adesso migliaia di “rifugiati interni” in Israele. Dopo l’eccidio del 7 ottobre e la presa da parte di Hamas di villaggi intorno a Gaza (adesso liberati dall’esercito israeliano), nessuno può continuare a vivere nell’area, soggetta al constante lancio di missili. Sono anni che la popolazione nella zona limitrofa a Gaza non ha la possibilità di condurre una vita normale. In questi giorni di guerra chi vive intorno alla Striscia non può nemmeno uscire dal rifugio antimissile, poiché dal momento in cui viene lanciato un razzo restano pochissimi secondi a disposizione per trovare un riparo.

L’evacuazione di Sderot, una cittadina di circa 30mila abitanti al confine di Gaza, è stata già completata. Sono stati evacuati anche i residenti delle comunità a meno di 4 km dalla Striscia, mentre sono in corso gli sgomberi dei villaggi a 4-7 km dal confine. Ci sono adesso più di 60mila “rifugiati interni” israeliani, ovvero persone a cui è stato ordinato dall’Idf di abbandonare il luogo di residenza. Il loro numero è in ascesa, dato che chi vive al confine con il Libano potrebbe presto dover lasciare la propria abitazione.

Molti sfollati di Sderot e di Ashkelon, città a 13 km da Gaza, sono stati trasferiti in diverse parti del Paese e si trovano adesso in attesa di assistenza da parte dello Stato. Gli abitanti dei kibbutz, che hanno più sofferto l’attacco genocida di Hamas, sono stati invece evacuati per la maggior parte verso Eilat, sul Mar Rosso. Molti proprietari di alberghi della cittadina turistica stanno accogliendo le famiglie (si parla di circa 36mila persone), offrendo loro pasti e un luogo dove dormire. Vivono tutti nella precarietà. Non si sa se potranno mai tornare nelle loro abitazioni, distrutte dai razzi di Hamas e anche bruciate dai suoi militanti quando sono entrati in territorio israeliano.

In Israele molti volontari si sono attivati per preparare scatoloni con beni di prima necessità, viveri, asciugamani, coperte e matite colorate per i bambini, che vorrebbero ritornare a scuola e alla loro routine. Tutta la zona intorno a Gaza potrebbe non essere più accessibile per anni. Un rifugiato che viveva in una comunità vicino a Kfar Aza, dove è avvenuto il massacro dei bambini, ha detto: «È un miracolo che non abbiano linciato anche il nostro kibbutz. Siamo la seconda linea di comunità dal confine. Non abbiamo più una casa e non sappiamo quale futuro ci aspetti».

La visita in Israele del presidente americano Joe Biden è stata però un motivo di ottimismo. Il Paese si è sentito sostenuto in un momento in cui manifestazioni a favore di Hamas sono organizzate nello stesso Occidente, negando il diritto stesso di Israele di esistere. Anche chi aveva in passato criticato Biden si è profondamente commosso nel sentire il suo discorso. «Non se ne andranno mai veramente. C’è qualcosa che non va mai del tutto perduto, il tuo amore per loro e il loro amore per te» ha detto Biden degli oltre 1.400 israeliani uccisi nel massacro del 7 ottobre, che ha ricollegato all’Olocausto. Israele ha ritrovato un amico fedele e sa adesso di poter contare sulle parole di Biden: «Finché gli Stati Uniti resisteranno – e resisteranno per sempre – non vi lasceremo mai soli».

di Anna Mahjar-Barducci

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