Antisemitismo in Europa, oscenità italiana
Molte persone nei cortei con bandiere della Palestina non erano a favore della popolazione di Gaza ma contro un popolo – quello di Israele – e contro gli ebrei. L’antisemitismo
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Antisemitismo in Europa, oscenità italiana
Molte persone nei cortei con bandiere della Palestina non erano a favore della popolazione di Gaza ma contro un popolo – quello di Israele – e contro gli ebrei. L’antisemitismo
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Molte persone nei cortei con bandiere della Palestina non erano a favore della popolazione di Gaza ma contro un popolo – quello di Israele – e contro gli ebrei. L’antisemitismo
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Molte persone nei cortei con bandiere della Palestina non erano a favore della popolazione di Gaza ma contro un popolo – quello di Israele – e contro gli ebrei. L’antisemitismo
C’è qualcosa di osceno nella fotografia di Anna Frank con la kefiah esibita da un manifestante pro-Hamas a Milano. Perché quei quattromila (sempre troppi a mio parere) in corteo con bandiere della Palestina non erano a favore della popolazione indubbiamente, drammaticamente sofferente di Gaza, ma contro un popolo – quello di Israele – e in particolare contro gli ebrei. Che fra loro, a Milano come a Torino e Roma e in altre città italiane, ci fossero frequentatori musulmani delle locali moschee lo posso anche mettere in conto. Sono nettamente contrario alla decisione francese di vietare queste manifestazioni, pur essendo consapevole della particolare situazione della Francia, diversa rispetto a quella italiana. Mi colpisce, mi offende, mi turba che fra questi militanti in servizio permanente ci fossero però anche italiani: giovani, signore e signori di una certa età che – del tutto ignoranti della storia del decennale conflitto in Medio Oriente – inneggiavano ad Hamas e soprattutto facevano emergere il loro ancestrale odio per gli ebrei.
Del resto, temo che nel Dna di molti connazionali – e non è un fatto di sinistra o di destra (ci vedo però anche un certo cattolicesimo che sa tanto di vecchie sacrestie) – ci sia il gene dell’antisemitismo, che ci portiamo dentro e ogni tanto riemerge da tempi lontani di cui tutti noi ci dovremmo a dir poco vergognare. È facile rievocare e mettere in atto i rituali culturali della deportazione degli ebrei nei lager. Pensiamo ipocritamente che in fondo quelli furono i nazisti: noi che cosa c’entriamo? Dimentichiamo che in Italia il 10 novembre 1938 (una data che dovremmo ricordare ogni anno, soprattutto nelle scuole, con un senso di profonda vergogna) il Consiglio dei ministri approvava le leggi razziali fasciste, annunciate la prima volta da Mussolini il 18 settembre 1938 a Trieste. Una serie di provvedimenti legislativi e amministrativi, in vigore poi fino al 1945, rivolti contro gli ebrei e applicati in maniera capillare grazie alla meticolosa macchina burocratica del regime.
Vorrei ricordare, arrossendo dalla vergogna, la sottoscrizione da parte di numerosi scienziati e docenti universitari del famoso “Manifesto degli scienziati” sotto l’egida del Ministero della Cultura che aveva lo scopo dichiarato di «cancellare la comunità ebraica» in Italia, in quanto – testuale – «gli ebrei non appartengono alla razza italiana». Milioni di italiani non alzarono un dito, anzi moltissimi denunciarono i propri vicini, i negozianti, la gente con cui avevano pacificamente convissuto per anni, in una ignominiosa ancorché silenziosa caccia all’ebreo. Né più né meno di quanto nei giorni scorsi abbiamo sentito, purtroppo, fra quei disgraziati in piazza. No, non possiamo, non dobbiamo dimenticare da dove veniamo, cosa siamo stati e perché.
di Andrea Pamparana
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