Israele-Hamas: la guerra energetica che tutti scongiurano
Gasparetto (Università di Padova): “Non c’è la volontà di una guerra regionale in Medio Oriente, ma la crisi è anche economica ed energetica, e riguarda l’Italia”
A un mese dall’attacco di Hamas contro Israele la portata dell’azione dei miliziani appare in tutta la sua evidenza, con ripercussioni non solo in Medio Oriente. Il rischio di una guerra regionale, però, potrebbe non essere nell’interesse neppure di quei paesi arabi che ora la paventano, come Giordania, ma soprattutto Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, per motivi economici. “Negli ultimi anni è stato avviato il progetto del Forum per il Mediterraneo del gas orientale, l’East Mediterranean Gas Forum. Gli attori sono Israele, Egitto, ma anche Giordania, Autorità Nazionale Palestinese e Grecia, a cui si sono aggiunte anche Francia e Italia”, spiega Alberto Gasparetto, esperto di Scienza politica, e Cultura, storia e società dei paesi musulmani all’Università di Padova. “Sono Paesi che dal 2009 cooperano per la ricerca di giacimenti di gas. La crisi in Palestina, però, minaccia questa attività: fintanto che Israele proseguirà con la sua iniziativa militare, di fatto diretta contro una popolazione araba, sarà difficile che la stessa ANP, la Giordania o l’Egitto possano continuare in questo progetto”.
Il grande escluso, invece, è la Turchia, “a causa dell’atteggiamento aggressivo sia in diversi contesti in Medio Oriente, sia nel Mediterraneo”. Proprio il Mare Nostrum rischia di diventare ancora di più una “polveriera”, come sottolinea Gasparetto, co-curatore con Michela Mercuri del recente libro intitolato proprio Polveriera Mediterraneo. L’Italia ha due unità navali della Marina Militare al largo delle coste del Libano, il “Fasan” e il “Margottini”, ma ci sono anche due portaerei come il Cavour e il Garibaldi che operano poco distanti. Gli stessi Usa da un lato lavorano a livello diplomatico, con gli incontri del segretario di Stato americano, Anthony Blinken, mentre dall’altro hanno dispiegato un sottomarino nucleare spostandolo da Holy Loch, in Scozia. “Stiamo assistendo a una netta spaccatura all’interno di un fronte che sembrava si stesse ricomponendo negli ultimi anni, anche grazie agli accordi di Abramo, che hanno coinvolto paesi come gli Emirati Arabi Uniti (a loro volta interessati al gas del Mediterraneo orientale), il Bahrein e l’Arabia Saudita. Era un riavvicinamento diplomatico, di fronte al riconoscimento dello stato di Israele sulla scorta degli accordi siglati nel 1994 con la Giordania e ancor prima nel ’79 con l’Egitto”, spiega Gasparetto.
Nonostante il lancio di razzi di parte anche dello Yemen, però, sembra difficile che si arrivi a una guerra allargata all’intera area mediorientale: “La guerra in Yemen va avanti da oltre 8 anni. Anche lì si gioca una partita che qualcuno ritiene ‘confessionale’ all’interno del mondo islamico, ma che in realtà è geopolitica per il controllo della regione, che in questo caso vede contrapposti Iran e Arabia Saudita – prosegue Gasparetto – Gli scenari di crisi, quindi, sono molti e potrebbero estendersi. Ma credo che ci siano anche molti ‘anticorpi’ nelle potenze arabe e che non ci sia la volontà di arrivare a una guerra regionale, soprattutto per i motivi economici ed energetici detti prima. Gli interessi in gioco legano tra loro tutti gli attori in campo”.
di Eleonora Lorusso
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