Crisi demografica e il ruolo del welfare aziendale
(Adnkronos) – Accanto al welfare pubblico, un ruolo importante per la demografia viene svolto e affidato alle imprese, protagoniste del terzo e ultimo panel dell’evento “Lavoro e welfare a misura di famiglia” organizzato da Adnkronos per il progetto Demografica al Palazzo dell’Informazione di Roma.
Laura Bernini, responsabile welfare direzione centrale politiche del lavoro Confcommercio
“C’è un problema di cultura che non consente ancora una piena diffusione del welfare aziendale e c’è anche un problema di consapevolezza delle potenzialità del welfare aziendale”, esordisce Bernini che spiega come spesso i lavoratori non conoscano a fondo le misure del welfare contrattuale e quini “non ne sfruttano a pieno le capacità. Ce lo siamo detti più volte: il welfare ha sicuramente un ruolo di volano per le imprese, grazie al coinvolgimento delle risorse e al perseguimento del loro benessere”.
In base alle analisi svolte da Confcommercio: “devo dire che c’è una diffusione sempre più importante delle misure di welfare aziendale che è anche il frutto di misure legislative di supporto, ma anche la risposta alla pandemia prima e all’inflazione dopo”.
Aumenta il welfare aziendale nelle piccole imprese
Spesso le misure di welfare aziendale sono prerogativa delle imprese medio e grandi, ma Bernini informa che: “negli ultimi anni con dati consolidati al 2023 abbiamo avuto una diffusione del welfare aziendale a livelli non irrilevanti anche all’interno delle piccole imprese, ovvero quelle fino a 9 dipendenti. Qui il welfare aziendale è quasi raddoppiato arrivando a coinvolgere circa il 15% delle imprese”.
Antonio Fazzari, General Manager Fater
“Il nostro viaggio di trasformazione culturale è partito qualche anno fa con una visione semplice ma ambiziosa che si chiamava ‘People first’: l’ambizione di creare un’azienda dove persone tornino a lavorare ogni giorno sempre un po’ più felici, cosa che suona bene ma voi va fatta nel concreto”, dichiara Atnonio Fazzari, General Manager di Fater.
Fazzari spiega che il primo cambio deve arrivare da chi ha ruoli dirigenti e di leadership: “Abbiamo stravolto le nostre agende, cancellato un sacco di meeting inutili di allineamento e ci siamo invece visti di fronte a un caffè chiedendoci come cambiare l’azienda.
Spesso preferiamo nasconderci dietro Excel piuttosto che guardarci negli occhi e chiederci cosa fare id nuovo. Ecco ora siamo arrivati al 1300esimo caffè. Abbiamo trovato il coraggio di cambiare il modo di lavorare”.
Il congedo parentale e l’hybrid working
“Da due anni – continua Fazzari – abbiamo esteso il congedo parentale a 3 mesi e abbiamo il 100% dei papà di Fater che ha aderito all’iniziativa. Le persone sono pronte. Non possiamo parlare di welfare se non parliamo di sicurezza: gli infortuni sono una piaga sociale e il benessere parte proprio dalla sicurezza e da quello che facciamo. Abbiamo investito 70mila ore di training sulla sicurezza con un linguaggio più fresco avendo un incremento delle adesioni. E con un programma ad hoc abbiamo invitato i dipendenti a portare ai corsi i familiari”
Fazzari spiega che Fater ha introdotto “L’offerta hybrid working 5 su 5 per coniugare la vita professionale e personale: si può fare se si parte con una cultura della delega che metta al centro non la quantità di lavoro, ma la qualità. Siamo al quinto anno di questo sistema”.
Il General Manager di Fater spiega che l’azienda si è spostata “In un campus in cui ospitiamo gli stakeholders, ospitiamo spettacoli teatrali e anche gli amici a quattro zampe in un ambiente un po’ più ospitale. Abbiamo realizzato un nuovo modo di ferie e le persone scelgono responsabilmente come gestirle”.
Paola Trotta, Head of Corporate Communications and Public Affairs Valore D
La parola passa quindi a Paolo Trotta di Valore D che esordisce ricordando che: “Quando parliamo di lavoro e welfare dobbiamo parlare di occupazione giovanile e femminile. Un dato che è stato citato più volte è quello dell’Ispettorato pubblico sulle dimissioni di 44mila madri. Non solo dobbiamo far entrare più donne – evidenzia Trotta – ma dobbiamo far sì che permangano e restino e che venga restituito il loro lavoro”.
Il gender gap si traduce anche nei motivi per cui lavoratrici e lavoratori cambiano lavoro: “Le donne lasciano il lavoro entro i primi 3 anni di vita del figlio, il che significa che hanno una difficoltà enorme nel conciliare la vita e il lavoro. Gli uomini lasciano il lavoro per la conciliazione del lavoro nel 7,1% dei casi contro il 72% delle donne: gli uomini cambiano lavoro perché trovano un altro lavoro, le donne per curare le famiglie. Questa è la differenza assoluta su cui noi come aziende dobbiamo lavorare”, dichiara Trotta.
“Il tema centrale è il carico di cura che in Italia è supportato per la stragrande maggioranza dalle donne ed è uno stereotipo atavico. Le donne italiane sono tra le prime a supportare questo carico di cura. Si parla in questo caso di generazione sandwich: quelle donne che da una parte devono pensare ai bambini piccoli, dall’altra ai genitori che diventano anziani”.
I cambiamenti degli ultimi anni
Trotta spiega che negli anni le aziende si sono strutturate per far fronte a questi cambiamenti: “cercando di fornire lavoro flessibile, smartworking, anche nei luoghi di ferie ed eventualmente lavorare da lì. Poi c’è il congedo di paternità: all’interno delle aziende è l’elemento più trasformativo e integrativo. Un congedo è un segnale forte perché sottolinea che il ruolo della famiglia è importante a prescindere dal ruolo che si ricopre”.
Fabrizio Ruggiero, AD Edenred
L’incontro continua con l’intervento di Fabrizio Ruggiero, amministratore delegato di Edenred: “Dalle nostre indagini emerge che le aziende che hanno deciso di spendere in benefit, istruzione, salute e attività ricreativa sono valutate per il 70% positivamente dai propri dipendenti”.
Passando ai trend più frequenti, Ruggiero spiega che: “Uno dei grandi investimenti riguarda la genitorialità. Le aziende che hanno piani strutturati hanno quasi il doppio di genitori ogni anno.
I miglioramenti fatti in Italia
Pur concordando sulla criticità della situazione, Ruggiero sottolinea che: “Dobbiamo avere il coraggio di dire che la normativa italiana sul welfare è buona e che sulla quale le aziende possono costruire contenuti. Facciamo leva su questo. La normativa welfare ha contenuti molto ampi”.
La soluzione a questo tipo di scenario, sostiene l’ad di Endered è la riforma fiscale: “Per noi la riforma fiscale è lo strumento che può far diventare stabile le misure sul welfare. Per questo occorre che sia più trasparenza su questo intervento. Uno dei problemi più grandi è la pianificazione e la trasparenza della riforma fiscale aiuterebbe molto le aziende in quest’ottica”.
Lorenza Cipollina, Responsabile Comunicazione e relazioni istituzionali di Mondelez International
“Le aziende mettono sempre più al centro la strategia di welfare aziendale sempre di più”, afferma Lorenza Cipollina, responsabile Comunicazione e relazioni istituzionali di Mondelez International, intervenuta anche in rappresentanza di Centromarca facendo eco agli altri relatori.
Cipollina spiega come il welfare aziendale sia cambiato dagli anni ’70-’80 ad oggi: “Il welfare si è trasformato da un insieme di extra benefici offerti al dipendente a un approccio strategico basato sul benessere della persona, come suggerisce la stessa parola ‘welfare’.
Le aziende hanno un osservatorio privilegiato. Le persone hanno mille ruoli nella vita privata ecco perché l’ascolto diventa fondamentale.
Inclusività e flessibilità come pilastri
“Una cultura che valorizzi le differenze e porti davvero la gender equity come focus è una cultura premiante per le aziende e porta alle aziende maggiore competitività, maggiore capacità di attrarre i talenti”. Dopo il fenomeno della great resignation e la pandemia, Cipollina evidenzia come: “i talenti oggi sono quasi più attenti al welfare aziendale che alla parte salariale”.
Sulla flessibilità: “Con la pandemia tutto è diventato fluido, i luoghi e i tempi della vita lavorativa e di quella professionale spesso coincidono. Cito una recente ricerca di Centromarca che ha misurato le politiche di sostenibilità ambientale, sociale e di governance da cui emerge che l’azienda è eccellente non solo se ha un prodotto eccellente, ma se ha una solida strategia di sostenibilità”.Accanto al welfare pubblico, un ruolo importante per la demografia viene svolto e affidato alle imprese, protagoniste del terzo e ultimo panel dell’evento “Lavoro e welfare a misura di famiglia” organizzato da Adnkronos per il progetto Demografica al Palazzo dell’Informazione di Roma.
Laura Bernini, responsabile welfare direzione centrale politiche del lavoro Confcommercio
“C’è un problema di cultura che non consente ancora una piena diffusione del welfare aziendale e c’è anche un problema di consapevolezza delle potenzialità del welfare aziendale”, esordisce Bernini che spiega come spesso i lavoratori non conoscano a fondo le misure del welfare contrattuale e quini “non ne sfruttano a pieno le capacità. Ce lo siamo detti più volte: il welfare ha sicuramente un ruolo di volano per le imprese, grazie al coinvolgimento delle risorse e al perseguimento del loro benessere”.
In base alle analisi svolte da Confcommercio: “devo dire che c’è una diffusione sempre più importante delle misure di welfare aziendale che è anche il frutto di misure legislative di supporto, ma anche la risposta alla pandemia prima e all’inflazione dopo”.
Aumenta il welfare aziendale nelle piccole imprese
Spesso le misure di welfare aziendale sono prerogativa delle imprese medio e grandi, ma Bernini informa che: “negli ultimi anni con dati consolidati al 2023 abbiamo avuto una diffusione del welfare aziendale a livelli non irrilevanti anche all’interno delle piccole imprese, ovvero quelle fino a 9 dipendenti. Qui il welfare aziendale è quasi raddoppiato arrivando a coinvolgere circa il 15% delle imprese”.
Antonio Fazzari, General Manager Fater
“Il nostro viaggio di trasformazione culturale è partito qualche anno fa con una visione semplice ma ambiziosa che si chiamava ‘People first’: l’ambizione di creare un’azienda dove persone tornino a lavorare ogni giorno sempre un po’ più felici, cosa che suona bene ma voi va fatta nel concreto”, dichiara Atnonio Fazzari, General Manager di Fater.
Fazzari spiega che il primo cambio deve arrivare da chi ha ruoli dirigenti e di leadership: “Abbiamo stravolto le nostre agende, cancellato un sacco di meeting inutili di allineamento e ci siamo invece visti di fronte a un caffè chiedendoci come cambiare l’azienda.
Spesso preferiamo nasconderci dietro Excel piuttosto che guardarci negli occhi e chiederci cosa fare id nuovo. Ecco ora siamo arrivati al 1300esimo caffè. Abbiamo trovato il coraggio di cambiare il modo di lavorare”.
Il congedo parentale e l’hybrid working
“Da due anni – continua Fazzari – abbiamo esteso il congedo parentale a 3 mesi e abbiamo il 100% dei papà di Fater che ha aderito all’iniziativa. Le persone sono pronte. Non possiamo parlare di welfare se non parliamo di sicurezza: gli infortuni sono una piaga sociale e il benessere parte proprio dalla sicurezza e da quello che facciamo. Abbiamo investito 70mila ore di training sulla sicurezza con un linguaggio più fresco avendo un incremento delle adesioni. E con un programma ad hoc abbiamo invitato i dipendenti a portare ai corsi i familiari”
Fazzari spiega che Fater ha introdotto “L’offerta hybrid working 5 su 5 per coniugare la vita professionale e personale: si può fare se si parte con una cultura della delega che metta al centro non la quantità di lavoro, ma la qualità. Siamo al quinto anno di questo sistema”.
Il General Manager di Fater spiega che l’azienda si è spostata “In un campus in cui ospitiamo gli stakeholders, ospitiamo spettacoli teatrali e anche gli amici a quattro zampe in un ambiente un po’ più ospitale. Abbiamo realizzato un nuovo modo di ferie e le persone scelgono responsabilmente come gestirle”.
Paola Trotta, Head of Corporate Communications and Public Affairs Valore D
La parola passa quindi a Paolo Trotta di Valore D che esordisce ricordando che: “Quando parliamo di lavoro e welfare dobbiamo parlare di occupazione giovanile e femminile. Un dato che è stato citato più volte è quello dell’Ispettorato pubblico sulle dimissioni di 44mila madri. Non solo dobbiamo far entrare più donne – evidenzia Trotta – ma dobbiamo far sì che permangano e restino e che venga restituito il loro lavoro”.
Il gender gap si traduce anche nei motivi per cui lavoratrici e lavoratori cambiano lavoro: “Le donne lasciano il lavoro entro i primi 3 anni di vita del figlio, il che significa che hanno una difficoltà enorme nel conciliare la vita e il lavoro. Gli uomini lasciano il lavoro per la conciliazione del lavoro nel 7,1% dei casi contro il 72% delle donne: gli uomini cambiano lavoro perché trovano un altro lavoro, le donne per curare le famiglie. Questa è la differenza assoluta su cui noi come aziende dobbiamo lavorare”, dichiara Trotta.
“Il tema centrale è il carico di cura che in Italia è supportato per la stragrande maggioranza dalle donne ed è uno stereotipo atavico. Le donne italiane sono tra le prime a supportare questo carico di cura. Si parla in questo caso di generazione sandwich: quelle donne che da una parte devono pensare ai bambini piccoli, dall’altra ai genitori che diventano anziani”.
I cambiamenti degli ultimi anni
Trotta spiega che negli anni le aziende si sono strutturate per far fronte a questi cambiamenti: “cercando di fornire lavoro flessibile, smartworking, anche nei luoghi di ferie ed eventualmente lavorare da lì. Poi c’è il congedo di paternità: all’interno delle aziende è l’elemento più trasformativo e integrativo. Un congedo è un segnale forte perché sottolinea che il ruolo della famiglia è importante a prescindere dal ruolo che si ricopre”.
Fabrizio Ruggiero, AD Edenred
L’incontro continua con l’intervento di Fabrizio Ruggiero, amministratore delegato di Edenred: “Dalle nostre indagini emerge che le aziende che hanno deciso di spendere in benefit, istruzione, salute e attività ricreativa sono valutate per il 70% positivamente dai propri dipendenti”.
Passando ai trend più frequenti, Ruggiero spiega che: “Uno dei grandi investimenti riguarda la genitorialità. Le aziende che hanno piani strutturati hanno quasi il doppio di genitori ogni anno.
I miglioramenti fatti in Italia
Pur concordando sulla criticità della situazione, Ruggiero sottolinea che: “Dobbiamo avere il coraggio di dire che la normativa italiana sul welfare è buona e che sulla quale le aziende possono costruire contenuti. Facciamo leva su questo. La normativa welfare ha contenuti molto ampi”.
La soluzione a questo tipo di scenario, sostiene l’ad di Endered è la riforma fiscale: “Per noi la riforma fiscale è lo strumento che può far diventare stabile le misure sul welfare. Per questo occorre che sia più trasparenza su questo intervento. Uno dei problemi più grandi è la pianificazione e la trasparenza della riforma fiscale aiuterebbe molto le aziende in quest’ottica”.
Lorenza Cipollina, Responsabile Comunicazione e relazioni istituzionali di Mondelez International
“Le aziende mettono sempre più al centro la strategia di welfare aziendale sempre di più”, afferma Lorenza Cipollina, responsabile Comunicazione e relazioni istituzionali di Mondelez International, intervenuta anche in rappresentanza di Centromarca facendo eco agli altri relatori.
Cipollina spiega come il welfare aziendale sia cambiato dagli anni ’70-’80 ad oggi: “Il welfare si è trasformato da un insieme di extra benefici offerti al dipendente a un approccio strategico basato sul benessere della persona, come suggerisce la stessa parola ‘welfare’.
Le aziende hanno un osservatorio privilegiato. Le persone hanno mille ruoli nella vita privata ecco perché l’ascolto diventa fondamentale.
Inclusività e flessibilità come pilastri
“Una cultura che valorizzi le differenze e porti davvero la gender equity come focus è una cultura premiante per le aziende e porta alle aziende maggiore competitività, maggiore capacità di attrarre i talenti”. Dopo il fenomeno della great resignation e la pandemia, Cipollina evidenzia come: “i talenti oggi sono quasi più attenti al welfare aziendale che alla parte salariale”.
Sulla flessibilità: “Con la pandemia tutto è diventato fluido, i luoghi e i tempi della vita lavorativa e di quella professionale spesso coincidono. Cito una recente ricerca di Centromarca che ha misurato le politiche di sostenibilità ambientale, sociale e di governance da cui emerge che l’azienda è eccellente non solo se ha un prodotto eccellente, ma se ha una solida strategia di sostenibilità”.
Alberto Rivolta, Ceo Prénatal & Country Manager PRG Retail Group
“La visione di sostenibilità è entrata nell’ottica aziendale come valorizzazione delle risorse umane, termine che fa capire che i dipendenti vadano inquadrati come, appunto, una risorsa da tutelare e far crescere anche affinché l’azienda prosperi”, esordisce Alberto Rivolta, Ceo Prénatal & Country Manager PRG Retail Group che ricorda come; “Il termine welfare nasce nel primo dopoguerra inglese, per creare prosperità. Nelle aziende, altrettanto si deve prosperare partendo dai dipendenti e per farlo bisogna implementare politiche sociali, economiche e di sostegno”.
Il welfare non è tutto uguale
“Fare welfare – specifica Rivolta – non significa la stessa cosa per tutte le aziende. Prènatal per esempio ha l’86% della forza lavoro femminile, e questo dipende anche dal nostro core business che è quello di supportare la genitorialità.
Avere la capacità di vederci come un tutt’uno ma anche capire le differenza sul territorio è un elemento chiave. Durante il periodo Covid, per esempio, tutta la sede era in smart working mentre i punti vendita erano aperti. Allora abbiamo cercato di introdurre, seppure in minima parte, lo smart working anche per i dipendenti dei punti vendita, facendo svolgere da remoto il lavoro di call center. “Abbiamo un programma di welfare molto sviluppato sia per le donne che per gli uomini. Ci sono diversi aspetti normativi ma per me conta come l’azienda intenda introdurre il concetto di welfare all’interno dell’azienda stessa”.
Sulla recente iniziativa aziendale: “Con il progetto Generazione G – ha ricordato Rivolta – assieme al Moige abbiamo creato una rete di genitori esperti su tutto il territorio italiano che li supporti per 12 mesi con la loro esperienza e mettendo a disposizione beni utili per neogenitori e bambini”.
In conclusione, Rivolta spiega l’approccio aziendale che ha spinto a realizzare questo progetto: “l’idea di base è che se non nascono figli è perché, a monte, non nascono nuovi genitori. Per questo abbiamo pensato di supportare un gruppo di famiglie fragili che hanno bisogno di un supporto continuo prima e dopo il parto”.
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