Italiano e israeliano in guerra, parla Roberto Della Rocca
Le parole di Roberto Della Rocca, italiano che vive da 44 anni in Israele. È stato membro della Camera di commercio israelo-italiana e dirigente politico. Ma soprattutto è un padre
Roberto Della Rocca è un italiano che vive da 44 anni in Israele. È stato membro della Camera di commercio israelo-italiana e dirigente politico, ora è un imprenditore e persino un attore. Soprattutto è un padre. «Il 7 ottobre ero in vacanza col camper in Spagna. Io e mia moglie abbiamo consumato tutto il nostro traffico Internet per capire cosa stesse succedendo, mentre contattavamo i nostri figli richiamati dalle Forze di difesa israeliane». Così ricorda da papà le prime ore confuse dell’eccidio perpetrato da Hamas contro le comunità meridionali d’Israele. «Ci siamo sintonizzati sulle radio israeliane e abbiamo deciso di rimpatriare immediatamente». I loro figli sono ancora sotto le armi (nell’esercito e nell’aeronautica), ma almeno sono riusciti a portare loro cibo e vestiti. Non sono stati i soli: l’intera società israeliana si è mobilitata, ad esempio un’altra famiglia ha addirittura creato una doccia mobile per i soldati.
Convinto sostenitore della soluzione “due popoli, due Stati”, Della Rocca ha cercato un dialogo con i palestinesi subito dopo la Guerra del Kippur del 1973, capendo che il nodo fondamentale era quello delle colonie ebraiche illegali. Un problema stratificato, che ha cercato di risolvere militando in diversi partiti fino ad arrivare al Meretz (laico e socialdemocratico). Purtroppo da quel tempo la situazione non è cambiata: «Anche dopo il 7 ottobre sono convinto che non ci sia altra soluzione fattibile all’infuori del separarci dai palestinesi» osserva con amarezza. Assegna la colpa di questo in primo luogo alle politiche di Benjamin “Bibi” Netanyahu. «Bibi e i suoi amici dell’ultradestra, sicuramente il peggiore governo in assoluto della storia d’Israele, sono quelli che non vogliono guardare l’elefante nella stanza (il modo pittoresco con cui chiama la questione palestinese, ndr.). S’illudevano di conviverci senza occuparsene davvero, lasciando i palestinesi in un limbo. Quando però si muove l’elefante, fa male. Quello che è successo è la peggiore tragedia dalla fondazione d’Israele. Ha infranto le illusioni di molti».
Un altro ‘elefante’ è quello del problema dei coloni, ma secondo Della Rocca «è razzista, suprematista e pericoloso soltanto il 10% di loro, comunque incoraggiato e amplificato da alcuni membri del governo. L’attenzione internazionale aiuta a calmare queste frange, ma il problema sono anche situazioni come nella città di Jenin. Lì Hamas spadroneggia nonostante sia Cisgiordania e costringe le Forze di difesa ad entrare periodicamente per impedire la creazione di una seconda Gaza». In questa guerra, chiamata “dei sette fronti”, è comunque quello settentrionale ad aver provocato altri 80mila sfollati. I suprematisti islamici di Hezbollah che governano illegalmente il Sud del Libano lanciano continue provocazioni. «Uno dei miei figli è schierato sul confine libanese ed è quello per cui siamo più in apprensione. Hezbollah non vuole ritirarsi a Nord del fiume Leonte, come previsto dalla risoluzione Onu 1701 del 2006, e questo non potrà che portare a un aumento delle tensioni. Forse persino a una nuova guerra» è la profezia pessimista di Della Rocca.
Complicazioni ineludibili, quando invece si dovrebbe lottare per un cambio al vertice della politica israeliana. «Oggi s’intravedono i segnali di un ritorno alla protesta contro Bibi. Spero che non ci sarà bisogno di manifestazioni violente per costringerlo a dimettersi, perché la situazione interna è insostenibile. Ne va del futuro dei nostri figli» è la sua preoccupazione in quanto genitore.
di Camillo Bosco
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!