Non voglio odiare ed essere come loro
“Ho visto l’orrore vero, ma non riesco a odiare, non riesco a essere come loro”. Questo ci ha detto Lucy Salani, la donna transessuale più anziana d’Italia sopravvissuta al campo di concentramento di Dachau, in questa intervista.
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Non voglio odiare ed essere come loro
“Ho visto l’orrore vero, ma non riesco a odiare, non riesco a essere come loro”. Questo ci ha detto Lucy Salani, la donna transessuale più anziana d’Italia sopravvissuta al campo di concentramento di Dachau, in questa intervista.
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Non voglio odiare ed essere come loro
“Ho visto l’orrore vero, ma non riesco a odiare, non riesco a essere come loro”. Questo ci ha detto Lucy Salani, la donna transessuale più anziana d’Italia sopravvissuta al campo di concentramento di Dachau, in questa intervista.
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“Ho visto l’orrore vero, ma non riesco a odiare, non riesco a essere come loro”. Questo ci ha detto Lucy Salani, la donna transessuale più anziana d’Italia sopravvissuta al campo di concentramento di Dachau, in questa intervista.
«Io sono già morta a Dachau, tutto quello che ho vissuto dopo è stato un miracolo, anche se per via della mia identità sono stata sempre discriminata. Ho visto l’orrore vero, ci facevano gettare i cadaveri nei forni e qualcuno era ancora vivo. Non si può dimenticare». Lucy Salani l’orrore della follia nazista lo ha visto, l’ha subìto e niente potrà mai cancellarlo dalla sua mente, neppure il tempo che l’avvicina al compimento dei cento anni di vita (è nata nel 1924).
La sua storia è raccontata in un documentario uscito al cinema – “C’è un soffio di vita soltanto”, di Matteo Botrugno e Daniele Coluccini – e che stasera, in occasione della Giornata della Memoria, verrà trasmesso in prima serata su “Sky Documentaries”.
Lucy, la donna transessuale più anziana d’Italia sopravvissuta al campo di concentramento di Dachau, il dolore lo conosce a fondo e lo racconta. Senza infingimenti. A cominciare dall’inizio.
Essere omosessuale in Italia ai tempi del fascismo «significava correre il rischio continuo di essere picchiati e umiliati, come hanno fatto con un mio amico a cui hanno messo il catrame nel sedere. Ma questa virilità ostentata era tutta una pagliacciata ipocrita, perché alla fine molti di loro volevano venire con noi per poi minacciarci quando erano in gruppo».
Per sfuggire alle violenze e alle umiliazioni Lucy ricorda che cercava di tenere «un profilo basso», per non farsi picchiare. «Limitavo certi atteggiamenti generalmente associati agli omosessuali. Ma quante fughe e quanti ceffoni ho preso per strada!».
Dal fascismo al campo di Dachau ovvero di male in peggio, una discesa verso l’inferno. «Il Male – spiega Lucy – è la discriminazione che genera l’odio. Eravamo il capro espiatorio, serviva un nemico. Il Male è l’ignoranza che non fa porre le domande al popolo e gli fa credere a una propaganda che genera solo paura e orrore».
Nonostante tutto l’orrore visto e vissuto, Lucy Salani non è però mai riuscita a odiare, neppure i propri aguzzini nazisti. «Non riesco a essere come loro. Quando hanno liberato il campo di concentramento di Dachau, qualcuno mi ha proposto di uccidere qualche nazista, qualcuno dei nostri aguzzini. Io non l’ho fatto, non sono come loro. Volevo avere in mano solo la mia vita, non quella degli altri. Poter essere me stessa, esprimere la mia identità senza per questo essere discriminata, giudicata e umiliata. C’è ancora chi esprime odio e chi usa quest’odio per la propria propaganda o per la sua ignoranza. Non hanno capito che la mia libertà è anche la loro».
Ricordare, in fondo, serve a questo. A far capire e non soltanto a rammentare, nonostante il tempo che passa e passerà. Ricordare – come in queste parole di Lucy – «l’orrore, la disperazione, la fame, l’annientamento, l’umiliazione, la detenzione, il disgusto. Speravo tanto che ci bombardassero, per mettere fine a tutto questo. Appena arrivati ci hanno denudati, pelati e disinfettati, dicevano loro. Disinfettati con la creolina. Un bruciore bestiale! La pelle se ne veniva via il giorno dopo. Se avevi un po’ di carne addosso vivevi, altrimenti partivi già condannato. Quello che ho visto nel campo è stato spaventoso».
di Massimiliano Lenzi
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Tag: società
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