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Chi governerà Gaza

La Striscia di Gaza è in condizioni drammatiche. La settimana scorsa almeno 115 palestinesi sono morti e altre centinaia sono rimasti feriti

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La Striscia di Gaza è in condizioni drammatiche. La settimana scorsa almeno 115 palestinesi sono morti e altre centinaia sono rimasti feriti

La Striscia di Gaza è in condizioni drammatiche. La settimana scorsa almeno 115 palestinesi sono morti e altre centinaia sono rimasti feriti mentre cercavano di raggiungere gli aiuti portati da un convoglio umanitario, un incidente la cui dinamica non è stata del tutto chiarita. La tragedia è avvenuta a Gaza City, nel Nord della Striscia, una zona in cui non si combatte ma dove i circa 300mila palestinesi rimasti hanno maggiori difficoltà di quelli a Sud ad accedere agli aiuti umanitari e dove di fatto non esiste più neanche la legge di Hamas. La realtà che difficilmente si può contestare è infatti che a Gaza ormai regna l’anarchia, al punto che gli Stati Uniti hanno iniziato a paracadutare aiuti umanitari con gli aerei. Una scelta che ha suscitato polemiche a Washington, poiché è la prima volta nella storia che gli americani lanciano aiuti dal cielo su una zona controllata da un Paese alleato.

Nel frattempo i negoziati per una tregua sono falliti dopo che Hamas ha respinto la richiesta di Israele di fornire una lista completa degli ostaggi ancora vivi. Venerdì l’organizzazione palestinese ha detto che 70 ostaggi sono morti, un numero che se confermato riduce drasticamente a 40 i sopravvissuti al rapimento del 7 ottobre. Hamas si è però rifiutata di fornire dettagli e non ha neanche specificato quali detenuti palestinesi vorrebbe far liberare. Alcuni funzionari israeliani credono che l’organizzazione stia cercando di scatenare un’escalationdurante il mese sacro del Ramadan per espandere la guerra alla Cisgiordania e nel Sud del Libano (ieri il portavoce di Hamas in Libano ha detto che i palestinesi dovrebbero «trasformare in uno scontro ogni momento del Ramadan»); altri sostengono che stia solo alzando la posta per ottenere il massimo dall’accordo di cessate il fuoco.

Di fronte a un tale disordine non è realistico pensare di porre fine al conflitto con un cessate il fuoco seguito dal ripristino dello status quo, ovvero una Gaza governata da Hamas e totalmente dipendente dagli aiuti umanitari internazionali, fino alla prossima escalation. Per scongiurare questa prospettiva le diplomazie di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Giordania ed Egitto stanno elaborando un piano di pace a lungo termine da proporre a Israele con il supporto degli Stati Uniti e dei Paesi europei. Il piano mira a delineare il percorso per la creazione di uno Stato palestinese lungo le linee di confine che esistevano prima della Guerra dei sei giorni del 1967, in cambio del pieno riconoscimento arabo dello Stato ebraico. Gli ostacoli per una soluzione di questo tipo però sono sempre gli stessi: il governo di Benjamin Netanyahu dominato dagli estremisti nazional-religiosi e Hamas, che continua a nutrirsi compiaciuta del risentimento causato dalla sofferenza dei palestinesi e dall’aumento delle vittime civili.

Una delle cose che stupisce della leadership di Hamas è infatti la totale assenza di rivendicazioni politiche costruttive, come per esempio chiedere di entrare a far parte dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina per governare legittimamente Gaza e la Cisgiordania, abbandonando la lotta armata per negoziare l’indipendenza palestinese come fece Yasser Arafat. Invece, dopo gli orrori e le violenze degli attentati del 7 ottobre e l’inevitabile risposta furiosa di Israele, leader dell’organizzazione terroristica hanno come unico obiettivo tornare a dominare Gaza e la sua popolazione per il proprio interesse, anche tra la fame, il dolore e le macerie.

di Federico Bosco

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