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Oltre la super multa Apple, una rivoluzione della nostra epoca

Sullo sfondo della multa ad Apple, la vera e propria rivoluzione che tutti noi cresciuti ai tempi del vinile abbiamo vissuto

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Oltre la super multa Apple, una rivoluzione della nostra epoca

Sullo sfondo della multa ad Apple, la vera e propria rivoluzione che tutti noi cresciuti ai tempi del vinile abbiamo vissuto

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Oltre la super multa Apple, una rivoluzione della nostra epoca

Sullo sfondo della multa ad Apple, la vera e propria rivoluzione che tutti noi cresciuti ai tempi del vinile abbiamo vissuto

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Sullo sfondo della multa ad Apple, la vera e propria rivoluzione che tutti noi cresciuti ai tempi del vinile abbiamo vissuto

La notizia della mega multa comminata ieri dall’Unione europea a Apple (un miliardo e ottocento milioni di euro) è a valle della controversia aperta dal colosso dello streaming Spotify. Impressionano le dimensioni della sanzione e la portata di uno scontro fra titani.
Sia chiaro, nessuno degli attori in causa è sceso in campo se non per tutelare i propri legittimi interessi e non ci uniremo a chi urla allo scandalo perché si fanno affari.

Comunque sia, la Commissione Ue ha riscontrato un abuso di posizione dominante da parte della casa di Cupertino attraverso lo store digitale (App store) che gestisce il download delle app sui device della mela. Faccende per avvocati e battaglia che sicuramente la Apple continuerà.

Sullo sfondo, la vera e propria rivoluzione che tutti noi cresciuti ai tempi del vinile abbiamo vissuto (o subito). Prima l’ondata piratesca e libertaria del download selvaggio che ha rischiato di ammazzare l’industria musicale, poi l’avvento dei servizi streaming dei quali proprio il fondatore della Apple Steve Jobs fu progenitore con la geniale intuizione di iTunes.

Oggi (anche questo) sembra preistoria: Il download del singolo brano a 0,99 dollari fu il primo passo verso la commercializzazione su scala industriale della musica digitale, argine allo strapotere dei vari Napster e kick off di un movimento che è arrivato ai servizi modello Spotify.

In mezzo a tutto questo, un mondo che è cambiato per sempre, un rapporto fra la musica e gli utenti che si è rivoluzionato a tal punto da rendere irriconoscibile la musica come business.

Non ci interessa esprimere giudizi di merito, definire “positivo“ o “negativo” uno shock come questo. Perché nulla di ciò con cui è cresciuta la nostra generazione esiste ancora. In buona sostanza, la fruizione musicale si è spostata in massa sul consumo più immediato e il “singolo” ha finito per farla da padrone. Gli album devono essere costruiti come una sequenza vincente di pezzi singoli, in modo da reggere quanto più possibile nella battaglia quotidiana dello streaming.

Le star della nuova generazione – anche perché nativi digitali – sono le più brave a intercettare i gusti del pubblico streaming addicted, mentre veri e propri mostri sacri della musica riescono a conquistare ancora la vetta delle top ten, ma faticano a restarvi. Perché le loro produzioni rispondono a logiche di un’altra epoca. In Italia, sono da mesi in classifica gli album di alcuni giovani e giovanissimi interpreti della scena rap, mentre l’ultimo album dei Rolling Stones ha retto in cima lo spazio di un mattino.

Non è una scissione fra qualità e quantità, piuttosto fra i mondi degli appassionati di musica di qualche decennio fa e quello dei loro figli. I nostri genitori si allontanarono bruscamente dai gusti dei nonni, ma continuando a fruire la musica esattamente come mamma e papà. I nostri figli si muovono in una terra per noi magari affascinante, ma non di rado incognita.

di Fulvio Giuliani

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