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Elly Schlein

Spartirsi le sconfitte. La sinistra e il metodo per la scelta dei candidati 

Il centrosinistra sta decidendo le sue candidature seguendo le orme della destra, che però è molto più esperta e abile

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Spartirsi le sconfitte. La sinistra e il metodo per la scelta dei candidati 

Il centrosinistra sta decidendo le sue candidature seguendo le orme della destra, che però è molto più esperta e abile

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Spartirsi le sconfitte. La sinistra e il metodo per la scelta dei candidati 

Il centrosinistra sta decidendo le sue candidature seguendo le orme della destra, che però è molto più esperta e abile

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Il centrosinistra sta decidendo le sue candidature seguendo le orme della destra, che però è molto più esperta e abile

Non c’è motivo di dubitare che il dottor Domenico Lacerenza – oculista, privo di precedenti esperienze politiche e amministrative, scelto dal centrosinistra come candidato per la presidenza della Basilicata – sia una degnissima persona. Ha davanti a sé una sfida molto difficile: battere l’attuale presidente della regione Vito Bardi, sostenuto dal centrodestra. Combinazione, anche cinque anni fa la sinistra scelse all’ultimo minuto un medico, Carlo Trerotola, che si fermò al 33,1%. La storia è destinata a ripetersi?

Di certo la gestione della vicenda lucana è emblematica di una questione più generale che riguarda il centrosinistra o come lo si voglia chiamare: il tema è come si decidono le candidature e dunque come si pone il rapporto fra Roma e i territori. Paradossalmente, ma non tanto, il centrosinistra sta facendo come la destra, che però è molto più esperta e abile, con i leader nazionali che a Roma decidono chi e come debba correre in Sardegna, in Basilicata, in Piemonte, istituendo tra l’altro un nesso fra le varie consultazioni con il Cencelli in mano: questo a me, quest’altro a te. Come ai tempi della (a parole) vituperata prima Repubblica, per cui il sindaco di Roma andava alla Democrazia cristiana e quello di Milano al Partito socialista e via spartendo. Nulla di male. A patto che la si smetta con la retorica dei territori e della loro autonomia. Perché anche i sassi sanno che il dottor Lacerenza – pescato in extremis e chissà come – è saltato fuori dopo il veto di Giuseppe Conte su un altro nome, Vito Chiorazzo, indicato dal Pd. Ed Elly Schlein, come in Sardegna, ha dovuto abbozzare (con le primarie finite ormai nel dimenticatoio) a un diktat dell’avvocato del popolo che fra l’altro ha anche messo un veto su Carlo Calenda. Tutto questo spettacolo è abbastanza inquietante dal punto di vista della (in)coerenza dello schieramento avversario della destra, la quale invece ha una sua linearità, anche perché è facilitata, a parte il caso della Sardegna, dal fatto di disporre dei presidenti uscenti e di una sua compattezza derivante non dagli ideali ma dalla più prosaica gestione del potere.

La sinistra – o campo largo, stretto, larghetto – sta invece dimostrando di non avere più la professionalità di un tempo nemmeno tanto lontano. E così fa delle scelte a caso, senza una bussola politica, in preda alle ansie e alle volubilità di quattro leader le cui aspirazioni personali ormai fanno premio su tutto. In queste condizioni il risultato delle regionali in Basilicata sembrerebbe scontato. Già il vento è quello che è, se poi il Pd e gli altri ci mettono del loro non si vede perché Giorgia Meloni non debba dormire sonni tranquilli.

Di Mario Lavia

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