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Fassino

L’immunità immaginaria di Fassino

Nell’illustrare (si fa per dire) il caso incorso al deputato diessino Piero Fassino, c’è chi ha dato i numeri. C’è chi le ha sparate più grosse che ha potuto.

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L’immunità immaginaria di Fassino

Nell’illustrare (si fa per dire) il caso incorso al deputato diessino Piero Fassino, c’è chi ha dato i numeri. C’è chi le ha sparate più grosse che ha potuto.

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L’immunità immaginaria di Fassino

Nell’illustrare (si fa per dire) il caso incorso al deputato diessino Piero Fassino, c’è chi ha dato i numeri. C’è chi le ha sparate più grosse che ha potuto.

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Nell’illustrare (si fa per dire) il caso incorso al deputato diessino Piero Fassino, c’è chi ha dato i numeri. C’è chi le ha sparate più grosse che ha potuto.

Mario Missiroli sosteneva che «in Italia non c’è nulla di più inedito della carta stampata». E la nostra Carta repubblicana non fa certo eccezione alla regola. Tutti la citano come la Carta più bella del mondo. Ma pochi la leggono e men che meno la studiano. Tant’è che nelle scuole la cosiddetta educazione civica è una Cenerentola. Perfino nelle redazioni dei giornali, a quanto pare, la nostra Costituzione a volte è un’illustre sconosciuta. La si tiene nel cassetto, ben chiusa a chiave. E poi, indovinala grillo: sarà quella approvata dall’Assemblea costituente ed entrata in vigore il 1° gennaio 1948 o quella vigente dopo le tante modifiche a essa apportate?

Questo interrogativo, che a prima vista sembrerebbe un’assurdità, è pienamente legittimo. Perché nell’illustrare (si fa per dire) il caso incorso al deputato diessino Piero Fassino, c’è chi ha dato i numeri. C’è chi le ha sparate più grosse che ha potuto. E guai ad avvertire che i numeri non sono quelli giusti. Guai a mettere lor signori sull’avviso. Una fatica sprecata. Se è vero che errare è umano e perseverare è diabolico, loro persistono nell’errore. E invece di un doveroso grazie, magari ti prendono per un grillo parlante di collodiana memoria degno di essere spiaccicato sul muro. Questo, pressappoco, è lo stile della casa.

Ma chi sono i reprobi di cui sopra? Chi ci dà a bere una Carta immaginaria? Non sono pochi, per il vero. Enrico Mattei, un grande giornalista colpevolmente dimenticato, diceva di non preoccuparsi tanto della concentrazione delle testate quanto piuttosto delle teste. Una volta che qualcuno comincia a dire una scempiaggine, nemmeno vestisse i panni del pifferaio magico, trova sempre un bel numero di topolini di carta disposti ad andargli dietro. A costo di finire in un burrone o, peggio, di perdere faccia e credibilità. Per carità di patria, sarebbe conveniente tacere nomi e cognomi. Ma a fin di bene, affinché dopo tanti errori imbocchino la diritta via, non possiamo esimerci dal ricordare qualche testata.

Basterà menzionare il “Corriere della Sera”, “La Stampa”, “il Giornale” e “Libero”. Quotidiani rinomati che hanno però raccontato ai loro lettori la favola che Fassino rischierebbe ben poco o addirittura un bel niente per la presunta appropriazione di profumi al duty free dell’aeroporto di Fiumicino. E perché mai? Perché, a loro dire, sarebbe protetto dall’immunità parlamentare prevista dal secondo comma dell’articolo 68 della Costituzione. Che, a loro insindacabile giudizio, prescriverebbe l’autorizzazione a procedere in giudizio da parte della Camera dei deputati. Cioè dal ramo del Parlamento del quale Fassino è componente. Il “Corriere” – noblesse oblige – si è spinto ancora più in là. Fino a scrivere che Fassino per l’intera legislatura sarebbe un intoccabile, coperto da una immunità assoluta.

Peccato che le cose non stiano affatto così. Difatti l’autorizzazione a procedere in giudizio era sì prevista dalla Costituzione del 1948, ma è stata abolita dalla legge costituzionale 29 ottobre 1993, n. 3. Con gli anni se ne fece un tale abuso che, sull’onda di un’opinione pubblica sempre più insofferente e di una magistratura che non andava per il sottile, il Parlamento si vide costretto a fare harakiri. Resta invece intatta l’insindacabilità per le opinioni espresse e i voti dati nell’esercizio delle funzioni parlamentari. Mentre sono contemplate autorizzazioni della Camera della quale il parlamentare è membro per le perquisizioni personali e domiciliari; per l’arresto o comunque per la privazione della libertà personale; per il mantenimento in detenzione, salvo che in esecuzione di sentenza irrevocabile di condanna, per un delitto per il quale è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza; nei casi di intercettazioni di conversazioni e sequestro di corrispondenza. Sia ben chiaro: una prerogativa, non un privilegio.

Non si rende un servizio ai lettori raccontando frottole che inducono a pensare che il Parlamento sia abitato da personaggi orwellianamente più eguali degli altri. Una Casta da biasimare, insomma. Per mettere le cose a posto, basta poco: un errata corrige.

di Paolo Armaroli

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