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Pacifisti

Il falso pacifismo che abbandona l’aggredito

Mai come oggi c’è bisogno, nella nostra vecchia Europa, di una saggezza politica che sappia distinguere l’utopia fideistica dalla realtà dei fatti

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Il falso pacifismo che abbandona l’aggredito

Mai come oggi c’è bisogno, nella nostra vecchia Europa, di una saggezza politica che sappia distinguere l’utopia fideistica dalla realtà dei fatti

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Il falso pacifismo che abbandona l’aggredito

Mai come oggi c’è bisogno, nella nostra vecchia Europa, di una saggezza politica che sappia distinguere l’utopia fideistica dalla realtà dei fatti

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Mai come oggi c’è bisogno, nella nostra vecchia Europa, di una saggezza politica che sappia distinguere l’utopia fideistica dalla realtà dei fatti

I Giganti, complesso musicale degli anni Sessanta, cantavano «Mettete dei fiori nei vostri cannoni» riprendendo lo slogan dei pacifisti nella loro canzone “Proposta” del 1967. «Non vogliamo mai nel cielo molecole malate, ma note musicali che formano gli accordi per una ballata di pace, di pace, di pace…». Un brano popolare (arrivò terzo al Festival di Sanremo) insieme all’iconico slogan «Fate l’amore, non fate la guerra» ripreso dalle “Elegie” di Sesto Aurelio Properzio, poeta romano nato ad Assisi nel 47 a.C..

Chi non vorrebbe nei cieli molecole non malate? Chi non vorrebbe fare l’amore invece che farsi ammazzare in una lurida trincea o in uno scantinato incapace di proteggerti da bombe che tanto intelligenti non sono mai state? Eppure mai come oggi c’è bisogno, nella nostra vecchia Europa, di una saggezza politica che sappia distinguere l’utopia fideistica dalla realtà dei fatti. Abbiamo bisogno di una vera politica di difesa comune. L’Unione europea non possiede un unico esercito, si limita oggi a favorire la cooperazione fra le Forze armate dei singoli Stati, promuove l’interazione fra gli eserciti e definisce strategie di sicurezza comuni. Questo criterio è parte della politica estera e di sicurezza comune dell’Unione (la cosiddetta Pesc) e negli articoli da 42 a 45 del Trattato dell’Unione europea la politica di difesa comune rispetta gli obblighi di alcuni Stati che ritengono che la loro difesa comune si realizzi tramite la Nato.

Nell’era delle nuove guerre il pacifismo è di fatto fallito. Vuoto di contenuti, utopistico, legato solo a fideismi di facciata. Dall’Ucraina al Medio Oriente, solo per citare due elementi del nostro presente, i conflitti sono diventati stabili e i rischi di un coinvolgimento più generale sembrano essere addirittura più alti dei tempi (che certo non rimpiangiamo) della Guerra fredda e della deterrenza nucleare. Il pacifismo odierno nulla ha a che fare con i movimenti degli anni Cinquanta contro l’atomica, degli anni Sessanta contro la guerra in Vietnam, degli anni Ottanta contro gli euromissili, degli anni Novanta contro le guerre del Golfo e nella ex Jugoslavia. Oggi questo nostrano pacifismo è a senso unico: difende l’aggressore Putin, inneggia ai tagliatori di gole di Hamas, si tinge spesso di un diffuso e pregiudizievole antisemitismo. Non chiedono fiori per i cannoni, ma spesso – non so se consapevolmente o in buona fede – incoraggiano le guerre altrui. Non sventolano bandiere arcobaleno ma vessilli di terroristi come Hamas, non chiedono amore ma violenza unidirezionale verso chi in realtà si difende dall’aggressore. Non è più nemmeno utopistico ma decisamente schierato.

L’Europa è frammentata, priva da tempo di vera leadership, incapace di una politica estera che sia influente, determinante, lasciata ogni giorno al frasario del politico di turno che non cerca la pace ma un immediato consenso elettorale. C’è chi vuole smantellare l’industria militare: errore madornale, uno slogan anche questo. Bruxelles prova ad aggirare le resistenze dei singoli Stati a una maggiore integrazione con piani e acquisti comuni. Ma la strada è lunga e irta degli ostacoli ideologici e culturali di chi ancora pensa ai fiori nei cannoni.

Di Andrea Pamparana

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