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Sanità, psichiatri: “Dopo Covid +30% depressi, suicidi coinvolgono affetti cari”

5 Luglio 2024

Roma, 5 lug. (Adnkronos Salute) – “Dopo il Covid abbiamo assistito ad un aumento del 30% dei casi di depressione. Succede purtroppo” – oggi la tragedia della mamma di Rimini e del suo bimbo, ma a gennaio a Ravenna un caso simile, con una madre che si è gettata nel vuoto con la figlia e il cagnolino – “che le persone che ne soffrono commettano suicidi o omicidi. C’è un desiderio di togliersi la vita, un’ansia perenne e una angoscia profonda. Questo stato d’animo porta le persone che soffrono di depressione a coinvolgere anche gli affetti più cari, come i figli, per non lasciarli soli in una vita che ormai considerano solo di sofferenze. La depressione non arriva dall’oggi al domani, ma è uno stato d’animo continuo che può durare anni e ha anche segnali nel fisico. Ma è ancora uno stigma, le persone non chiedono aiuto ed è come indossare sempre un paio di occhiali neri che impediscono di vedere i colori della vita’”. Lo spiega all’Adnkronos Salute Emi Bondi, presidente della Sip, la Società italiana di psichiatria.

“Chi è depresso ha una alterazione del tempo, ovvero è convinto che lo stato in cui vive durerà per sempre – continua la presidente degli psichiatri – e non riesce più a vedersi ‘fuori’ dalla malatita. Noi valutiamo con il nostro cervello le situazioni, ma se non stiamo bene perdiamo la capacità di valutare quello che sta succedendo, non è facile capire questo stato d’animo”. La famiglia può intercettare alcuni segnali d’allarme? “Non è sempre facile, ci sono tanti fattori che incidono – risponde Bondi – ma chi sta vicino a queste persone che soffrono deve provare a capirle e aiutarle”.

Il Servizio sanitario nazionale cosa offre alle persone che soffrono di depressione? “Ci sono i centri dedicati alla salute mentale – ricorda Bondi – dove le persone possono trovare il personale specializzato. A volte è vero che chi sta male si chiude in se stesso, non vede speranze per il futuro e non bussa alla porta di un centro. Un aiuto – conclude – può arrivare anche dal medico di famiglia che può intercettare alcuni segnali e magari indirizzare il suo assistito verso uno specialista”.

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