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In Italia c’è poca politica del turismo, che finisce con lo sprecare maggiori opportunità sia di crescita che di salvaguardia dell’ambiente

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In Italia c’è poca politica del turismo, che finisce con lo sprecare maggiori opportunità sia di crescita che di salvaguardia dell’ambiente

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In Italia c’è poca politica del turismo, che finisce con lo sprecare maggiori opportunità sia di crescita che di salvaguardia dell’ambiente

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In Italia c’è poca politica del turismo, che finisce con lo sprecare maggiori opportunità sia di crescita che di salvaguardia dell’ambiente

Non ci sono troppi turisti, semmai sarebbe bello ce ne fossero ancora di più. C’è troppo poca politica del turismo, che finisce con lo sprecare maggiori opportunità sia di crescita che di salvaguardia dell’ambiente e dei tesori storici, paesaggistici e architettonici. E siccome le cose che non si governano poi si sformano, la pressione (benedetta) dei turisti finisce con lo scempiare quelle stesse bellezze che li attirano. Ma la responsabilità non è dei tanti turisti, bensì delle cose che non facciamo e rimandiamo.

Il turismo genera il 9% del Prodotto interno lordo mondiale, ma per l’Italia pesa ancora di più e raggiunge il 10% (dati McKinsey). Per giunta in crescita più veloce di ogni altro settore. Nel 2023 ci sono stati 134 milioni di arrivi e 451 milioni di presenze, in crescita del 3,3% rispetto al 2019. Il 2024 si annuncia in ulteriore e considerevole crescita. Gli europei che si muovono per turismo restano per il 70% dentro l’Unione europea, scegliendo prevalentemente la Spagna (18%), poi l’Italia (10%) e la Francia (8%). Il dato spagnolo dimostra che possiamo crescere molto, in questa corsa all’oro turistico. Ma la Spagna soffre già di taluni nostri problemi, che segnalano gli errori commessi.

La prima cosa da evitare è che troppe persone si concentrino per poco tempo negli stessi posti. E noi saremmo anche agevolati. Ovvio che tutti vogliano vedere Roma, Firenze, Venezia e via ammirando, ma in quelle stesse mete ci sono aree poco visitate, attorno a quelle città ci sono tesori, in giro per l’Italia abbiamo un enorme parco culturale e di divertimento per turisti senza stagioni. Tutto sta a saperlo e farlo sapere. Perché abbiamo aree bellissime e praticamente deserte. Non abbiamo un sito nazionale che sia consultabile in tutte le lingue, che disegni itinerari, che invogli a distribuirsi e faciliti le prenotazioni (che da sole portano via un 20% della ricchezza spesa). Nulla. Così da una parte ci si accalca, finendo con il perdere il piacere della visita, dall’altra neanche si sa di potere andare a godere altrove.

Arrivano tanti turisti e non ci sono i taxi neanche per i residenti. Andate fuori da un aeroporto o da una stazione e mettetevi a piangere dalla rabbia. Oltre tutto sono soldi che i tassisti perdono, per la semplice ragione che non esistono. Abbiamo le ferrovie con 4mila cantieri aperti. Che è pure una bella cosa, in gran parte pagata con i soldi del Pnrr, ma i treni dovrebbero viaggiare. Invece a Firenze i fulmini cadono sui guasti continui. L’Alta velocità funzionava e arranca. Le linee locali sono avventure folkloristiche. A Matera c’è la stazione e non ci sono i treni. Ci massacriamo da soli, in un settore in cui lo Stato è regolatore, controllore e gestore. La commistione è un problema. Per forza che ci si accalca in un posto, se non si può andare in un altro.

Il turismo genera ricchezza, ma non deve essere solo per ricchi. Esistono diverse categorie di alberghi e in molti posti le poche stelle non significano poca qualità, ma non ci sono abbastanza alberghi. Scaricare l’assenza di sistemazioni sulle case private innesca lo sminchiamento dei centri storici e chiama la rivolta popolare. Com’è accaduto a Barcellona. Perché qualche proprietario prende soldi, ma tutti gli altri finiscono a vivere in un albergo tarocco anziché nel condominio dove avevano preso casa. Questa roba va regolata con serietà e severità. Potremmo avere più catene alberghiere italiane, invece facciamo crescere falsi albergatori.

Così perde valore quello da cui si trae valore. Serve una politica del turismo che non abbiamo. Ah, a proposito: esiste il Ministero, ma le competenze sono regionali, quindi non chiedetevi perché un turista che arriva in Veneto non lo mettono sulla buona strada per la Calabria (dove i binari sono già un’avventura nel passato).

Una dilapidazione – da bum bum e cloffete cloppete futuristicheggiante – della ricchezza altrimenti strutturabile come grande industria nazionale.

Di Davide Giacalone

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