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Ius

A scuola di equilibrio e razionalità

È una storia d’estate ed è sin troppo facile prevedere che con settembre e la legge di bilancio delle polemiche agostane su Ius soli e Ius scholae resterà il nulla

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A scuola di equilibrio e razionalità

È una storia d’estate ed è sin troppo facile prevedere che con settembre e la legge di bilancio delle polemiche agostane su Ius soli e Ius scholae resterà il nulla

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A scuola di equilibrio e razionalità

È una storia d’estate ed è sin troppo facile prevedere che con settembre e la legge di bilancio delle polemiche agostane su Ius soli e Ius scholae resterà il nulla

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È una storia d’estate ed è sin troppo facile prevedere che con settembre e la legge di bilancio delle polemiche agostane su Ius soli e Ius scholae resterà il nulla

È una storia d’estate ed è sin troppo facile prevedere che con settembre e la legge di bilancio delle polemiche agostane su Ius soli e Ius scholae resterà il nulla.

Litigare sullo “Ius” è solo un modo particolarmente efficace per innalzare la propria bandiera.

Se invoco lo Ius soli, sono di sinistra, progressista, amico dell’immigrato. Forse un po’ comunista. Se propongo lo Ius scholae, sono alternativamente un progressista non troppo progredito o un moderato che flirta con i progressisti.

Posto che di immigrati regolari ne avremo sempre più bisogno – ripetiamo: immigrati e regolari, secondo i decreti flussi che i governi “legge e ordine” hanno costantemente aumentato nei numeri, comunque del tutto insufficienti alla domanda del Paese – darsi del “comunista” e del “fascista” sullo “Ius fate un po’ voi” è ridicolo.

Non è da comunisti propugnare lo Ius soli, ma semplicemente da gente che non si è accorta che siamo cittadini europei. Dovessimo varare norme di concessione della cittadinanza in beata solitudine nel consesso dei 27 e ignorando gli effetti sui nostri concittadini, saremmo degli irresponsabili. Vanesi, più che comunisti.

Quanto allo Ius scholae, la normativa italiana prevede già una corsia preferenziale per chi abbia frequentato le nostre scuole, nascendo in Italia. Una politica evoluta e responsabile discute – anche animatamente, per carità – dei dettagli, dei particolari e di come le norme fanno il proprio lavoro per aiutare ragazze e ragazzi che sono italiani da ogni punto di vista.

Facciamo un esempio in atmosfera post olimpica: è paradossale il caso dei ragazzi italianissimi per formazione scolastica ma privi di passaporto che gareggiano in società sportive italiane e non possono indossare l’azzurro della nazionale fino a 18 anni: si intervenga e si corregga.

Non stiamo assolutamente parlando di dettagli ma neppure di voragini. L’attuale soglia per il conseguimento della cittadinanza è fissata a 18 anni, se si sono frequentate le nostre scuole e si è nati in Italia. Le proposte più di “sinistra” ipotizzano cinque anni per la concessione del passaporto a bambini arrivati nelle nostre scuole entro il 12º anno d’età. Intuitivamente, all’atto pratico la differenza è pressoché nulla e l’unico vero fossato resta quello ideologico.

L’Italia è comunque il paese nell’Ue ad aver concesso nuove cittadinanze in maggior numero, superando quota 213.00. Al contempo, sono oltre 870.000 gli studenti con cittadinanza non italiana che frequentano le scuole da noi, di cui quasi il 70% sono nati nel nostro Paese. Italiani senza passaporto.

Dovremmo trovare il coraggio di dire cose un po’ scomode (ci autodenunciamo: qualcuno sul punto ci darà dei destrorsi o peggio) ma fondamentali, come la necessità di selezionare gli ingressi e andarci a cercare anche gli immigrati più qualificati. Ciò che da decenni fanno Paesi nostri concorrenti nel mondo dell’industria, della ricerca e delle nuove tecnologie.

di Fulvio Giuliani

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