Democrisi, la democrazia e i democratici
La democrazia – che resta il migliore sistema politico – è in buona salute, sono i democratici a non stare bene
Democrisi, la democrazia e i democratici
La democrazia – che resta il migliore sistema politico – è in buona salute, sono i democratici a non stare bene
Democrisi, la democrazia e i democratici
La democrazia – che resta il migliore sistema politico – è in buona salute, sono i democratici a non stare bene
La democrazia – che resta il migliore sistema politico – è in buona salute, sono i democratici a non stare bene
La democrazia è in buona salute, sono i democratici a non stare bene. Le democrazie restano il migliore sistema politico, anche se qualche democratico debole crede che un decisore unico sia più efficace nel compiere le scelte. Si guardi la sorte e il livello di vita dei popoli con dittature e si guardino poi le democrazie: le prime portano male e le decisioni di uno diventano in fretta i guai di tutti. Nelle democrazie si vive sani, a lungo, liberi e ricchi. Ricordando che non siamo liberi perché ricchi, ma ricchi perché liberi. Moltissimi vorrebbero spostarsi dai dispotismi alle democrazie, mentre soltanto qualche spostato vorrebbe fare il percorso inverso (che poi neanche fa).
Eppure le forze antieuropeiste, ovvero avversarie della veste contemporanea della democrazia e del dispiegarsi del mercato, avanzano da molte parti. In due Länder tedeschi ha trionfato una forza le cui radici naziste hanno portato alla sua espulsione dai gruppi delle destre europee. In Italia, dal 1994 a oggi, chi governa non ha mai vinto le elezioni, dopo che dal 1948 non le aveva mai perse. Non accade a caso, ma per cambiamenti oggettivi e una mutazione della classe politica.
Non voglio ammorbarvi e neanche esagerare la questione dei balneari, che è pur sempre assai limitata: 13-14mila soggetti, molti dei quali non hanno nulla da temere dalle gare; in ogni caso non certo la partita decisiva dell’economia italiana. Eppure una partita rivelatrice della mutazione. La direttiva europea è del 2006 e prevede che a partire da dieci anni dopo, quindi dal 2016, le concessioni del demanio non si rinnovino o proroghino automaticamente, ma vengano messe a gara; l’Italia la recepisce nel 2010; da allora è tutto uno scantonare e rimandare. Quattordici anni buttati, otto anni già passati fuori dalle regole, ora la supplica per l’ulteriore proroga. Che nasconde l’ammissione di avere sbagliato, il doversi uniformare al diritto che si è condiviso oltre al contrastare anche con le sentenze della giustizia italiana. Perché? Perché non decidere e assecondare è l’arte di una classe politica che non crede di avere un ruolo nella sorte del Paese, sicché si concentra sulla propria. E prende voti – che poi perde – perché anche grande parte degli elettori non crede nell’interesse collettivo: lo considerano una bubbola per creduloni e ciascuno persegue il proprio. Per giunta danneggiandolo.
Questo genere di politica si appoggia sul passato per sostenere la prosperità e scarica sul futuro il costo della compensazione fra la perdita di competitività e la pretesa di ricchezza. Un mondo politico ed elettori che campano a debito: verso il passato e verso il futuro. Peccato, per loro, che il futuro si sia fatto presente.
Posso anche stabilire che si comprano solo scarpe italiane, ma significa che le tolgo dai piedi di chi ha meno soldi. Posso stabilire che ciascuno debba starsene a casa propria, ma preparandomi a vedere rimpatriare i connazionali che hanno percorso le strade del mondo (sono più numerosi di quelli che entrano in Italia). Posso stabilire che non intendo partecipare alla carneficina prodotta da un criminale aggressore e non intendo difendere l’aggredito, ma dovrò spendere dieci volte tanto e versare sangue ove il criminale aggressore si faccia più vicino alle frontiere. Il compito di una classe politica decente consiste, pur sostenendo idee diverse, nel far comprendere la realtà e lasciar intravvedere le possibilità di crescita, economica e civile. La politica che vuole vincere senza avere idea di cosa fare dopo, quella che non dice le cose che pensa (anche perché non le pensa) ma quelle che suppone pensino gli altri cui chiedono il voto, quella politica la realtà non la spiega e non la affronta: la nega. Si pedala per prendere voti, non per muovere la realtà. Si pedala per la scena, sperando di restare dove ci si trova.
Le democrazie stanno bene e non c’è niente di meglio. I democratici stanno male perché credono che quella buona salute sia immodificabile. Purtroppo si sbagliano.
di Davide Giacalone
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
Leggi anche