Il dibattito pubblico è annientato da fesserie, sempre uguali a loro stesse, che pure occupano le colonne di molti giornali e agitano le trasmissioni televisive. Molte di queste fesserie sono comprese nel grande pentolone polemico della scuola, un sempreverde di stampa e politica. Si può parlarne a profusione senza dover mai prendere veramente posizione e senza doverne sapere più di tanto: una sorta di santo Graal di chi ha tanta voglia di parlare ma nulla da dire; un tema che piace un po’ a tutti perché a scuola tutti ci sono stati.
Non c’è pandemia che tenga. Come ogni anno, ecco che si torna a litigare sull’esame di Maturità, come tanti avvoltoi che si accaniscono inutilmente su una carcassa che si è decomposta da più di vent’anni. La settimana scorsa abbiamo letto di studenti in protesta di fronte al Ministero dell’Istruzione (dal governo Conte II orfano di Università e Ricerca) per urlare al mondo intero quanto sarebbe tragico per loro dover sostenere – «in queste condizioni» – due prove scritte anziché una. A detta di alcuni questa circostanza impedirebbe loro di esprimersi appieno, ragion per cui viene richiesto un colloquio orale basato su una tesina, evidentemente molto più espressiva del problema di matematica o della versione di latino. A leggere i loro striscioni l’impressione è che siano diventati simili a quanti l’esame glielo cambiano ogni anno e contro i quali si scagliano: nessun reale contenuto, l’importante è aver comunque qualcosa da dire.
Come per tanti governi che hanno messo mano alla scuola solamente perché qualcuno si ricordasse del loro passaggio, quei ragazzi parevano lì perché pensavano di doverci stare per forza, avendone motivo o no. Perché altri lo hanno fatto prima e non sarebbero stati certo loro a essere da meno, non sapendo così di fare un favore a quel potere che tanto repellono e che preferisce di gran lunga perder tempo sulle sciocchezze piuttosto che riconoscere le sue mancanze.
A quei ragazzi si dica piuttosto di godersi gli anni di scuola, ove possibile di studiare e di conservare le energie per vere battaglie, che la Maturità la passeranno tutti. E se il timore è la valutazione, si ricordi loro che i bravi e i somari sanno già di esserlo, come lo sanno i loro professori nel momento del giudizio. Appuntamento quindi al prossimo anno con nuovi studenti per strada, mentre quelli di quest’anno – tutti diplomati – guarderanno sfilare i loro amici più giovani facendosi magari una risata.
di Luigi Santarelli
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