L’impotenza di fronte alle baby gang
| Società
Il titolare di un locale a Ghedi, nel Bresciano, ha denunciato in una trasmissione televisiva una baby gang che gli stava rendendo la vita impossibile e che aveva aggredito suo padre. Poco dopo la messa in onda del servizio in tv, il suo locale è andato a fuoco.

L’impotenza di fronte alle baby gang
Il titolare di un locale a Ghedi, nel Bresciano, ha denunciato in una trasmissione televisiva una baby gang che gli stava rendendo la vita impossibile e che aveva aggredito suo padre. Poco dopo la messa in onda del servizio in tv, il suo locale è andato a fuoco.
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L’impotenza di fronte alle baby gang
Il titolare di un locale a Ghedi, nel Bresciano, ha denunciato in una trasmissione televisiva una baby gang che gli stava rendendo la vita impossibile e che aveva aggredito suo padre. Poco dopo la messa in onda del servizio in tv, il suo locale è andato a fuoco.
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Non si dica che l’allarme è ingiustificato o gonfiato dall’attenzione dei media. Quello che è successo a Ghedi, nel Bresciano, al titolare di un locale, deve far riflettere su quale sia la deriva del fenomeno delle baby gang di cui tanto si parla.
Perché il titolare, un 27enne, aveva deciso di denunciare i ragazzini che gli stavano rendendo la vita impossibile e avevano tra l’altro aggredito anche suo padre. L’ha fatto con il volto scoperto, in una trasmissione televisiva. E così, poco dopo la messa in onda, il suo locale è andato a fuoco e l’incendio è ovviamente di origine dolosa.
Chiaro che le responsabilità andranno accertate ma è impossibile pensare che non vi sia un legame fra le due cose. È la modalità a colpire, sembra quella di una vendetta addirittura in stile mafioso. Solo che nella sua denuncia si parlava di giovanissimi.
Ulteriore problema: molti dei ragazzi che fanno parte delle baby gang sono in realtà già noti alle forze dell’ordine, ma sono talmente giovani che o finiscono in comunità oppure, se hanno meno di 14 anni, non sono neanche imputabili.
Risultato: si sentono intoccabili, come raccontano molti di quelli che hanno avuto a che fare con loro e in diverse città d’Italia. Violano leggi e regole e sfidano gli adulti che provano a far sentire la loro voce. Pensare di vivere in un Paese dove raccontare un sopruso renda bersagli invece che soggetti da tutelare, non è accettabile. Che si tratti di minori o di adulti, è fondamentale recuperare la sensazione che le nostre città siano sicure.
di Mery Gelmi
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