“Questa società mi spaventa, c’è un ritorno alla chiusura”, parla Rocco Siffredi
La parola fine la mette un insospettabile: “Il porno, quello della vocazione, non esiste più”. Intervista a Rocco Siffredi
“Questa società mi spaventa, c’è un ritorno alla chiusura”, parla Rocco Siffredi
La parola fine la mette un insospettabile: “Il porno, quello della vocazione, non esiste più”. Intervista a Rocco Siffredi
“Questa società mi spaventa, c’è un ritorno alla chiusura”, parla Rocco Siffredi
La parola fine la mette un insospettabile: “Il porno, quello della vocazione, non esiste più”. Intervista a Rocco Siffredi
La parola fine la mette un insospettabile: “Il porno, quello della vocazione, non esiste più”. Intervista a Rocco Siffredi
La parola fine la mette un insospettabile: «Il porno, quello della vocazione, non esiste più». Rocco Siffredi, superstar mondiale dell’industria dell’hard, uno dei pochissimi a mantenersi ai massimi livelli per quarant’anni in un settore che fagocita attori e attrici, mette in fila i motivi della fine di un’era: «La chimica pesante e gli impiantini hanno rovinato tutto. Ora chiunque può fare il pornostar, anche chi non ha la passione o a chi non frega nulla delle donne”. Non bastasse, sono arrivate Onlyfans e le altre piattaforme simili. Un click e il sexworker di turno mette direttamente a disposizione i suoi contenuti: «Oggi è talmente tutto veloce che non c’è autenticità in nessuna cosa – ci dice Siffredi – La gente brucia tutte le tappe, ma in realtà si vende tanto fumo». Siffredi lo racconta anche nello spettacolo teatrale “Siffredi racconta Rocco”, che lo vede inedito protagonista di un racconto della sua vita: «Per la prima volta sono io a parlare di me agli altri. L’idea mi è venuta guardando Mike Tyson che faceva la stessa cosa a teatro».
Lo spettacolo, diretto e prodotto da Paolo Ruffini con la sua VERA Produzione, è in tour dal 18 ottobre con la prima data al Teatro Cartiere Carrara di Firenze, per poi proseguire nei teatri di tutta Italia. Un viaggio intimo e divertente nei ricordi di Siffredi: «Sentivo l’esigenza di raccontarmi come non era ancora stato mai fatto, in maniera semplice e leggera. Nel documentario francese (Rocco, ndr.) e un po’ nella serie (Supersex, ndr.), emerge sempre molto disagio. Sembra quasi che Rocco si possa raccontare solo così. Ma io ho capito che questo dipende dalla cultura e dai tempi in cui viviamo, che sono pure peggiorati dagli anni ‘90 ad oggi. Poi mi ci metto pure io che quando vado in TV piango e la gente pensa “ecco, guarda come ti riduce il porno”. Ma il porno non c’entra nulla. Semmai è colpa della cultura di oggi che per chi fa un lavoro come il mio ti fa per forza venire i sensi di colpa se hai una moglie a casa e dei figli».
Siffredi rincara la dose: «Per come vedo la società, oggi è il momento più tragico da quando sono nato. Negli anni ‘90 era fighissimo: la pornografia, la libertà, il modo di esprimersi. Finalmente rompere tanti tabù, meccanismi. E oggi? C’è una sorta di ritorno alla chiusura e quello che si è acquisito è diventato meno tangibile e questo mi fa più paura di tutti i messaggi sbagliati dei social». E anche lui si sente sempre più nel mirino: «Per esempio oggi l’uomo alfa, in cui sono sempre stato identificato, è quello preso sotto mira, il cattivo, quello che vogliono abbattere. Eppure per anni Siffredi era l’uomo da imitare». Tra i suoi colleghi c’è chi non ha retto alla pressione: «Da quando faccio questo lavoro almeno una ventina si sono suicidati, soprattutto donne. E non per il porno, ma per come la società prima ti acclama e poi ti accoglie. La fregatura nel porno sta qui: agli inizi ti diverti, guadagni, ti senti una star e magari prendi anche qualche premio. Poi però arriva il contraccolpo della società e per chi non è pronto è difficile da accettare. Per la mia esperienza, il senso della vita si riduce nell’avere qualcuno che ti ama ed essere accettati. Se non c’è questo, arriva la depressione, arriva la droga. Io devo dire che la mia famiglia mi ha molto molto sostenuto in tutto questo».
I momenti complicati sono arrivati anche per lui: «Ma per fortuna da 30 anni ho accanto mia moglie Rózsa che mi fa vivere una bellissima vita. I periodi più difficili li ho vissuti sempre a causa della dipendenza da sesso. Non tocco alcol e droga, quando mi sento depresso vado a correre». Il set rimane ancora il suo luogo sicuro, anche se non lo frequenta più da attore: «Ormai ho smesso. Ci sono ragazzi e ragazze di 18 anni, che ci vado a fare io…». Non è che ci ripensa? «Ma no. Anche se c’è un film che avrei voluto fare per i veri fan: una réunion con tutte le mie colleghe, più o meno coetanee. Un bel film fra sessantenni, quello sì».
di Giacomo Chiuchiolo
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Tag: lavoro
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