In Moldova vince l’Europa, ma la Russia fa paura
Il capo di Stato in carica Maia Sandu ha ricevuto più del 55,4% dei voti, battendo il rappresentante del partito filo-russo Alexandru Stoianoglo
In Moldova vince l’Europa, ma la Russia fa paura
Il capo di Stato in carica Maia Sandu ha ricevuto più del 55,4% dei voti, battendo il rappresentante del partito filo-russo Alexandru Stoianoglo
In Moldova vince l’Europa, ma la Russia fa paura
Il capo di Stato in carica Maia Sandu ha ricevuto più del 55,4% dei voti, battendo il rappresentante del partito filo-russo Alexandru Stoianoglo
Il capo di Stato in carica Maia Sandu ha ricevuto più del 55,4% dei voti, battendo il rappresentante del partito filo-russo Alexandru Stoianoglo
Mosca – Nel secondo turno delle elezioni moldave, tenutesi ieri, il capo di Stato in carica Maia Sandu ha ricevuto più del 55,4% dei voti, battendo il rappresentante del partito filo-russo Alexandru Stoianoglo dopo ballottaggio segnato da forti tensioni e polemiche. Sandu ha ottenuto il 55,41% dei voti, Stojanoglo, ha invece ottenuto il 44,59% dopo che erano state scrutinate il 99,8% dei voti validi.
“La Moldavia, oggi hai ottenuto una vittoria. Insieme abbiamo dimostrato la forza della nostra unità, della democrazia e dell’impegno per un futuro dignitoso”, ha scritto Sandu sul social network X.
C’era molto attesa per i risultati perché nelle due settimane di campagna del ballottaggio, secondo il governo moldavo aveva promosso massicce azioni di interferenza nel voto. Dopo i falsi allarmi sulle bombe ai seggi elettorali in diverse città della Gran Bretagna e della Germania dove votano soprattutto elettori della diaspora soprattutto favorevoli alla transizione europea. Le autorità moldave avevano anche denunciato trasporto organizzato di elettori ai seggi in Azerbaigian, Bielorussia e Turchia con aerei provenienti da Mosca per votare alle elezioni presidenziali moldave.
Il risultato delle elezioni presidenziali in Moldavia hanno un importante significato per la stabilizzazione dell’Europa Orientale ma nel Paese, che rimane pur sempre una repubblica parlamentare, le elezioni legislative si terranno tra poco meno di un anno e non c’è dubbio che la Russia cercherà allora la rivincita. Attualmente, “Azione e Solidarietà”, il partito di Sandu, ha la maggioranza assoluta in Parlamento ma ha poche speranze di mantenerla. Un buon risultato per il partito al governo sarebbe una maggioranza di coalizione, un risultato negativo sarebbe la formazione di una coalizione di opposizione, molto probabilmente filo-russa. In quest’ultimo caso, Sandu si troverebbe di fronte a un destino simile a quello del presidente georgiano Salomé Zurabishvili, capo di Stato nominale senza alcun potere reale.
La situazione della Moldavia resta complessa: il Paese ha carenza di manodopera, deficit delle partite correnti, bassa produttività, un sistema bancario ipertrofizzato e concentrato sulle rimesse dall’estero. Per questo, Sandu nel futuro dovrà ascoltare le voci dei sostenitori di orientamento europeo che non l’hanno appoggiata e cercare di non essere percepita solo come una “presidente della diaspora”.
L’influenza residua della Russia in Moldavia si sta via via riducendo, ma fino a che punto questo processo sarà irreversibile, lo si capirà la prossima estate Dmitry Peskov, il portavoce ufficiale di Vladimir Putin, ha sostenuto che “in realtà i brogli in Moldavia sono stati realizzati come al solito dalla candidata sostenuta dagli americani e dai suoi lacchè europei ma che prima o poi il Paese potrà scegliere la sua strada”.
Tuttavia, in queste ore, al Cremlino si è concentrati su quanto avverrà domani nel “D-Day” delle elezioni americane. Malgrado formalmente la linea del governo russo sia “né Trump né Harris” che segue il canovaccio propagandistico secondo cui la “Russia deve far conto solo su sé stessa e sui suoi alleati”, nell’ultime ore Dmitry Medvedev ha dichiarato ambiguamente che se Trump fosse eletto e tentasse la via della pace “potrebbe fare la fine di JFK”.
A cercare di far alzare la temperatura sulle prospettive dei rapporti tra Russia e USA ci ha pensato questa mattina anche il ministro degli esteri russo Sergey Lavrov che intervenendo a Mosca al simposio “Creare il futuro ha sostenuto ha dichiarato che “come opzione di riserva in caso di fallimento del regime di Zelensky, gli Stati Uniti stanno preparando l’Europa continentale a lanciarsi in un’avventura suicida e a impegnarsi in un conflitto armato diretto con la Russia”. Lavrov ha sostenuto inoltre che “nessun compromesso in Ucraina sarà possibile se non si riconosceranno tutte le nuove entità russe sorte dal 2014”, ovvero le annessioni della Crimea o del Donbass.
Anche tra l’opinione pubblica russa sta aumentando l’interesse nelle ultime ore per il voto americano anche se nessun network televisivo prevede per ora una diretta notturna per seguire lo spoglio.
Di Yurii Colombo
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