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Migranti: allarme in corte Appello, ‘Milano rischia di finire in ginocchio’

18 Novembre 2024

Milano, 18 nov. (Adnkronos) – “Anche la virtuosa Milano rischia di finire in ginocchio”. E’ la frase che più circola, tra aule e corridoi, della corte d’Appello del capoluogo lombardo che guarda con “preoccupazione” ai lavori di conversione dei decreti legge (numero 145 e 158 del 2024) che prevedono la reintroduzione del reclamo dei provvedimenti in materia di protezione internazionale e la proposta, più recente, di attribuirle la competenza per i provvedimenti di convalida (stimati in circa 200 l’anno per Milano) dei trattenimenti dei richiedenti asilo.

In attesa che le nuove norme prendano forma e vengano approvate dal Parlamento, i magistrati della corte d’Appello di Milano, in cui l’assenza di giudici si attesta sotto al 15%, fanno notare che si aggirano sui “5mila” i fascicoli sui possibili reclami, a cui bisogna aggiungere un arretrato di circa 4.700 cause. E che la mole con cui fare i conti è ingente lo dimostra il fatto che il Tribunale di Milano, finora competente sulla questione, stia discutendo solo ora le richieste del 2019, ossia con cinque anni di ritardo. Il possibile nuovo carico di lavoro finirebbe con l’influire su quelli che sono i risultati della corte d’Appello: i giudici impegnati con la nuova disciplina vedrebbero inevitabilmente diminuire le altre sentenza: “verosimilmente sarebbero 400-450 i fascicoli in meno l’anno” con tempi più lunghi per i cittadini.

E’ per questo che anche Giuseppe Ondei, presidente della corte d’Appello di Milano ha firmato, per lealtà istituzionale, il comunicato dei presidenti delle corti d’Appello – indirizzato al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, alla premier Giorgia Meloni, ai presidenti di Camera e Senato, ai ministri Carlo Nordio e Giancarlo Giorgetti, al vicepresidente del Csm e all’Anm – con cui si auspica che il Parlamento possa evitare una riforma che costituirà un “disastro annunciato” e che “renderà irrealizzabili gli obiettivi del Pnrr e determinerà un’ulteriore recrudescenza dei tempi e dell’arretrato dei processi”.

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