Equilibri libanesi
Una tregua in Libano non può voler dire che per la missione Unifil – di cui l’Italia è uno dei Paesi protagonisti – non cambierà nulla
Equilibri libanesi
Una tregua in Libano non può voler dire che per la missione Unifil – di cui l’Italia è uno dei Paesi protagonisti – non cambierà nulla
Equilibri libanesi
Una tregua in Libano non può voler dire che per la missione Unifil – di cui l’Italia è uno dei Paesi protagonisti – non cambierà nulla
Una tregua in Libano non può voler dire che per la missione Unifil – di cui l’Italia è uno dei Paesi protagonisti – non cambierà nulla
Una tregua in Libano non può voler dire che per la missione Unifil – di cui l’Italia è uno dei Paesi protagonisti – non cambierà nulla, essendo il filo della diplomazia in quell’area un equilibrio costante che danza sulla precarietà del quotidiano. Resta, per questa ragione, la necessità (non rinviabile troppo a lungo) d’aggiornare le finalità e le regole di ingaggio della missione Unifil. Affinché non capiti mai più in futuro che una delle parti o entrambe gli sparino contro per sbaglio. Perché se errare è umano (anche se in circostanze come quella libanese non dovrebbe mai accadere di sbagliare mira, vista la posta in gioco) perseverare sarebbe diabolico. Anzi, stolto.
Aggiungendo a queste considerazioni l’ultima, non conclusiva ma certamente connotativa della partita che si sta giocando in Libano in queste ore: ogni pacificazione futura in quell’area martoriata non potrà prescindere da una ritrovata serenità di Beirut, un luogo dove Oriente e Occidente si mescolano. Anzi, si mescolavano.
di Massimiliano Lenzi
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