Trump, altro che isolazionismo
Le parole di Trump non sono la continuazione della vecchia propaganda da altra posizione, ma una specie di ribaltamento dell’isolazionismo
Trump, altro che isolazionismo
Le parole di Trump non sono la continuazione della vecchia propaganda da altra posizione, ma una specie di ribaltamento dell’isolazionismo
Trump, altro che isolazionismo
Le parole di Trump non sono la continuazione della vecchia propaganda da altra posizione, ma una specie di ribaltamento dell’isolazionismo
Le parole di Trump non sono la continuazione della vecchia propaganda da altra posizione, ma una specie di ribaltamento dell’isolazionismo
La campagna elettorale è finita, negli Stati Uniti. Donald Trump l’ha trionfalmente vinta. Le parole di adesso non sono la continuazione di quella propaganda da altra posizione, ma una specie di ribaltamento dell’isolazionismo. Ieri ha promesso l’allargamento dei confini statunitensi e non ha escluso di farlo mediante l’uso delle armi.
Ci era capitato di osservarlo durante la campagna elettorale: l’idea di isolarsi dentro i confini, di lasciare che gli altri se la sbrighino da soli, di non sentirsi più coinvolti nei conflitti che travagliano il mondo, il non volersi caricare dei costi del dominio anche militare, erano e sono il contrario del tornare grandi come una volta. Che poi, a essere seri, gli Stati Uniti non sono mai stati tanto grandi e potenti come a partire dal crollo dell’impero sovietico, quindi dal 1989. Fu la presidenza di Ronald Regan ad accompagnare quel passaggio.
Avvisare i Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, cui si sono aggiunti Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, Iran e Indonesia) che non sarebbero dovuti andare avanti nell’idea – per la verità alquanto campata per aria – di una loro valuta per gli scambi internazionali, quindi ribadire la centralità del dollaro, è certo legittimo e anche utile, ma è l’opposto del ritirarsi dentro ai confini.
L’accusa rivolta ai democratici, negli anni della loro ultima presidenza (che si chiude fa qualche giorno), è stata quella di avere fomentato le guerre. Per la verità l’amministrazione Biden non ne ha aperta neanche una ma ha preso parte ai conflitti aperti sostenendo gli aggrediti, come l’Ucraina e Israele. Sarebbe bastato eleggere Trump, si sostenne, e la pace sarebbe tornata nel mondo. Non molto credibile, ma comunque auspicabile. Le parole di ieri promettono guerre. Certo, Trump può ben sostenere che se gli altri fanno quel che vuole lui si evita qualsiasi conflitto, ma è più o meno la tesi di Putin.
A tal proposito, par di capire che sul ftonte russo l’idea sarebbe quella di applicare la dottrina Kissinger al contrario: dovendo impedire il saldarsi dei rapporti fra Cina e Russia negli anni Settanta gli Stati Uniti decisero di aprire e aiutare la Cina, ora potrebbero cercare di tirare fuori Putin dai guai in cui si è cacciato. In tutti e due i casi si aiuterebbe il più debole. Ma all’epoca di Nixon la Cina non aveva in corso una guerra di sfida diretta all’equilibrio occidentale e un cedimento – quale che esso sia – a Putin mal si concilierebbe con l’idea di essere grandi come quando l’impero che lui vuole ricostruire crollò. Né si può credere che un cedimento su quel fronte possa essere compensato dalle pretese su Panama, la Groenlandia o il Canada.
Una tale impostazione, inoltre, rende più difficile e non più facile una maggiore spesa per la difesa (almeno il 5% del Pil, per noi italiani ben più del doppio dell’attuale) in capo agli altri Paesi Nato, che dovrebbe essere accompagnata da una ribadita collegialità e non da una annunciata subordinazione. Specie se, contemporaneamente, chi è vicino all’amministrazione o ne è direttamente parte – come Elon Musk – si adopera per far saltare gli equilibri interni nel Regno Unito e in Francia (potenze nucleari), come anche in Germania.
S’usa dire che Trump è imprevedibile e che non si deve dare troppo peso a parole forse un po’ sopra le righe. Può darsi. Ma due cose sono sicure: a. gli americani del prossimo futuro non sono quelli dei film sull’epopea roosveltiana; b. per noi europei è giunto il momento di riconoscerci maggiorenni. Soltanto in questo modo potrà essere conservata la preziosa alleanza fra le democrazie occidentali senza sfarinare quelle europee.
Noi europei non abbiamo alternative all’atlantismo. E quelle che abbiamo sono infernali. Ma abbiamo un’alternativa a lasciare che la storia ci scorra addosso sperando che non sia troppo dura. E no, non c’è tempo. Se difesa europea – integrata nella Nato – deve essere, che sia subito. La storia bussa alla porta, non serve a nulla far finta di non esserci.
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