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Fortuna e sfortuna in oggetti e amuleti

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Fortuna e sfortuna, costrutti mentali che influenzano la nostra realtà, tra credenze, amuleti e decisioni irrazionali

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Fortuna e sfortuna in oggetti e amuleti

Fortuna e sfortuna, costrutti mentali che influenzano la nostra realtà, tra credenze, amuleti e decisioni irrazionali

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Fortuna e sfortuna in oggetti e amuleti

Fortuna e sfortuna, costrutti mentali che influenzano la nostra realtà, tra credenze, amuleti e decisioni irrazionali

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Sarà capitato anche a voi di procedere esitanti alla vista di un gatto nero che attraversa la strada. Oppure di evitare di passare al di sotto di una scala. O ancora di avvertire un brivido gelido nel caso in cui – sulla scia dalla catottromanzia greca che leggeva il futuro nei vetri – lo specchio va in frantumi. E se l’olio finisce in terra? Per scongiurare i sette anni di guai si consigliano manciate di sale grosso sul grasso della disgrazia. Anche rovesciare il sale in tavola porta sfiga. In Norvegia e in Inghilterra è radicata la convinzione che saranno le lacrime a scioglierne poi i cristalli. Un pizzico di sale versato con la mano sinistra dietro la spalla destra scaccerebbe invece il malocchio.

Ogni credenza ha la sua origine storica e fondamenta bislacche che a volte seguono una logica razionale, come nel caso dell’olio e del sale. Considerati elementi preziosi da non sprecare e utilizzati ancora oggi nella conservazione degli alimenti, un tempo erano moneta di scambio (dal sale deriva la parola “salario”) nelle attività commerciali. Tenersi alla larga dai cortei funebri è un’altra vecchia precauzione scaramantica. Che si è rinnovata durante la recente epidemia Covid con modalità analoghe al Medioevo, epoca in cui si evitavano certi assembramenti per scongiurare la diffusione di malattie poco chiare.

A torto oppure a ragione, scaramanzia e superstizione non mollano la presa sulla coscienza popolare. L’effetto apotropaico viene attribuito a un oggetto, al rito e alla persona capaci di allontanare gli influssi maligni. Apotropaica era la funzione di Lamassu – statua dal corpo taurino e dal volto umano – sulla porta di Babilonia. Così come lo scarabeo nell’antico Egitto e le forme falliche a Pompei. E da queste credenze lontanissime deriva il business attuale degli oggetti della fortuna. Dei veggenti. E degli astrologi, che ogni anno si adoperano in previsioni divinatorie, condizionanti a tal punto il soggetto che in maniera inconscia le applica nella vita reale.

Famosa rimane la frase di Peppino De Filippo «Non è vero, ma ci credo». Del resto chi di noi non ha riposto fiducia, almeno una volta, in un portafortuna? È interessante scoprire alle varie latitudini la custodia e l’eredità di una varietà di simbolismi dai poteri magici analoghi. La bambola Daruma e il gatto Maneki Neko sono amamori giapponesi da condurre sempre con sé. Il drago in Cina porta fortuna e prosperità, il pavone e l’elefante fanno lo stesso in India. Mentre la mano di Fatima (detta anche Khamsa) è l’amuleto sacro alla cultura maghrebina.

Per quanto riguarda la nostra Europa, il maiale figura come talismano del benessere e della fortuna in Germania e in Austria. “Gutes schwein fur dich” è un augurio di “Buon maiale a voi!”. In Italia, fin dall’epoca romana, siamo amanti degli ‘scacciaguai’, con epicentro a Napoli. Gli amuleti partenopei più diffusi sono il corno rosso – sangue della buona salute, che nella tradizione popolare allontana la iattura – e il gobbetto detto “’o scartellato” (dal greco kartos), che nella cabala corrisponde al numero 57: “Tuccàtelo ca è buon aurio”. E in molti lo toccano appunto sulla gobba, così da avere fortuna.

Per le neuroscienze la superstizione è un sottoprodotto dell’intelligenza umana e coinvolge circuiti cerebrali specifici: in primis l’amigdala, che gioca un ruolo fondamentale nella modulazione delle emozioni. L’attivazione di una superstizione accende il sistema dopaminergico che regola il circuito del piacere e della ricompensa. Pertanto progettare schemi e connessioni, anche dove non esistono, sviluppa nel nostro sistema neuronale la sensazione di aver fatto qualcosa per influenzare un evento: un antistress da cui originano serenità e sicurezza. Ma l’essere scaramantici, a tal punto da influenzare decisioni quotidiane con scelte irrazionali che dirottano ogni responsabilità individuale, è una gran comodità e nel contempo produce un grave danno: significa condurre un’esistenza borderline, dissociata dalla realtà.

Di Elvira Morena

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