Sono esistiti altri politici
L’era Donald Trump mi ha fatto venir voglia di scrivere di… politici d’altra pasta. Perché, sì, sono esistiti. Come ad esempio John McCain
Sono esistiti altri politici
L’era Donald Trump mi ha fatto venir voglia di scrivere di… politici d’altra pasta. Perché, sì, sono esistiti. Come ad esempio John McCain
Sono esistiti altri politici
L’era Donald Trump mi ha fatto venir voglia di scrivere di… politici d’altra pasta. Perché, sì, sono esistiti. Come ad esempio John McCain
L’era Donald Trump mi ha fatto venir voglia di scrivere di… politici d’altra pasta. Perché, sì, sono esistiti. Come ad esempio John McCain
L’era Donald Trump mi ha fatto venir voglia di scrivere di… politici d’altra pasta. Perché, sì, sono esistiti.
John McCain di nemici se ne intendeva: non quelli farlocchi a cui ci siamo abituati in quest’epoca superficiale ma quelli che ti volevano far la pelle sul serio. Come coloro che lo abbatterono nei cieli del Vietnam e lo tennero prigioniero per 6 anni.
Torturato, vessato, umiliato, ferito nel fisico ma uscito indenne dal punto di vista psicologico, la prigionia marchiò a fuoco l’intera sua esistenza. Lui, ufficiale di aviazione, rifiutò più volte la liberazione offerta obliquamente dai vietnamiti per farne strumento di propaganda, perché il suo codice d’onore imponeva prima la liberazione dei soldati semplici. Eppure il futuro congressman e senatore repubblicano seppe non farsi condizionare dall’odio.
Il suo amore per gli Stati Uniti d’America non aveva bisogno di proclami: aveva servito da eroe di guerra, pagando un prezzo difficile anche da immaginare. John McCain ha rappresentato nel modo più alto e nobile gli ideali di un conservatorismo sano e rispettoso, alle radici di un partito che da lì a una manciata d’anni sarebbe stato reso irriconoscibile dall’Opa ostile di un uomo ai suoi antipodi come Donald Trump.
Non si tratta di ‘meglio’ o ‘peggio’ ma di differenze antropologiche. Trump – che non ha fatto il militare – lo offese dichiarando di preferire chi «in guerra non si fa catturare». McCain non rispose mai ma lasciò la disposizione che il capo della Casa Bianca non presenziasse ai suoi funerali nel 2018.
Il senatore, erede di una famiglia di alti ufficiali, non si sarebbe mai sognato di presentare il suo Paese in termini di minacce armate ad alleati e popoli fratelli. Perché nella sua visione del mondo la potenza americana era la proiezione del faro della democrazia e del diritto di ciascun individuo – sancito dalla Costituzione Usa – di aspirare alla felicità. La potenza del bene contrapposta alla potenza del male: visione che tanti europei hanno spesso interpretato come ‘ingenua’ e che invece è un aspetto del sentirsi parte del miracolo americano.
Nella corsa al sogno di una vita – la presidenza – fu battuto dall’astro di Barack Obama.
Nella notte elettorale del 4 novembre 2008, con Obama ormai irraggiungibile, McCain pronunciò un discorso memorabile. Parole in cui c’è tutta la sua idea di America: «Il popolo americano ha parlato chiaramente. Anche se abbiamo fatto molta strada dalle ingiustizie di un tempo che negavano ad alcuni americani i pieni benefici della cittadinanza, la loro memoria ha ancora il potere di far male. Esorto chi mi ha sostenuto a unirsi a me non soltanto per far le congratulazioni al senatore Obama ma per offrire al nostro presidente la disponibilità e gli sforzi più convinti per trovare dei modi per marciare uniti, per trovare i necessari compromessi. A prescindere dalle nostre divergenze, siamo tutti americani e nessun legame ha mai contato per me più di questo».
di Fulvio Giuliani
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