Quella volta che un sms scatenò il terrore alle Hawaii
Il 13 gennaio 2018 migliaia di smartphone nelle isole Hawaii ricevono il medesimo messaggio: «È in arrivo un missile balistico. Questa non è un’esercitazione»
Quella volta che un sms scatenò il terrore alle Hawaii
Il 13 gennaio 2018 migliaia di smartphone nelle isole Hawaii ricevono il medesimo messaggio: «È in arrivo un missile balistico. Questa non è un’esercitazione»
Quella volta che un sms scatenò il terrore alle Hawaii
Il 13 gennaio 2018 migliaia di smartphone nelle isole Hawaii ricevono il medesimo messaggio: «È in arrivo un missile balistico. Questa non è un’esercitazione»
Il 13 gennaio 2018 migliaia di smartphone nelle isole Hawaii ricevono il medesimo messaggio: «È in arrivo un missile balistico. Questa non è un’esercitazione»
Alle 8 del mattino del 13 gennaio 2018 migliaia di smartphone nelle isole Hawaii ricevono il medesimo messaggio. Un sms che recita: «È imminente l’arrivo di un missile balistico. Trovate immediatamente un rifugio. Questa non è un’esercitazione».
Sulle prime qualcuno pensa a uno scherzo. In molti accendono la tv per trovare conferma della notizia. Effettivamente nello stesso momento tutti i principali canali televisivi riportano come ultim’ora la notizia del missile accompagnata dal suono in sottofondo di un allarme. Sullo schermo scorrono le seguenti parole: «Alle 8,07 a.m. del 13 gennaio 2018 lo US Pacific Command ha rilevato la minaccia di un missile diretto alle Hawaii. Per l’impatto, sulla terra o in mare, è questione di minuti. Se siete al coperto restateci, se siete all’aperto cercate immediatamente riparo in un edificio. Rimanete lontano dalle finestre. Se state guidando, accostatevi sul lato della strada e restateci oppure cercate riparo in un edificio e sdraiatevi sul pavimento».
Immediatamente si scatena il panico collettivo. C’è chi, chiuso in casa, si nasconde sotto il tavolo. Qualcun altro tenta di uscire all’esterno in cerca di una impossibile via di fuga. Molti pregano pensando che gli ultimi istanti della propria vita siano ormai giunti. Anche perché, in quel particolare momento storico, i rapporti fra Washington e Pyongyang sono piuttosto tesi. E diversi osservatori, nei giorni precedenti, avevano paventato sull’allora Twitter il rischio di un attacco da parte del regime nordcoreano.
Per 38 interminabili minuti centinaia di migliaia di persone vivono uno scenario pre apocalittico. Poi, improvvisamente, arriva la smentita. Non è vero nulla, c’è stato un errore, scusateci. Un funzionario della Hawaii Emergency Management Agency ha scambiato l’annuncio di un’esercitazione con un reale pericolo. Ignaro di quanto stesse realmente accadendo, ha fatto partire l’sms di allerta. Per sbaglio. Ma la testimonianza del dramma vissuto in quegli istanti è documentata dai messaggi pubblicati sui social network o inviati ai propri cari da chi pensava di vivere l’imminente fine di tutto, diffusi pochi giorni dopo il falso allarme.
Da chi cercava disperatamente di avvertire i familiari, a chi confessava di non saper spiegare ai propri figli come prepararsi alla morte. Sino a coloro che disperatamente dichiaravano di sentirsi impotenti dinanzi a qualcosa che non erano in grado di controllare. Una carrellata di stati d’animo disperati che rappresentano la reale dimostrazione della fragilità umana quando di fronte a noi si materializza l’imponderabile. E che fanno tornare alla mente quanto narrato nelle cronache recenti durante gli incendi in California, con centinaia di persone che si sono scoperte impotenti dinanzi alla violenza delle fiamme che divorano tutto, portando via i ricordi e le speranze di una vita.
Il caso hawaiano del 2018 fu risolto con un’indagine interna all’agenzia governativa responsabile del misfatto. E le scuse ufficiali delle istituzioni, senza nessun tentativo di strumentalizzazione politica dell’evento. Esattamente l’opposto di quanto sta accadendo in questi giorni lungo la costa Ovest degli Stati Uniti, dove la tragedia e le devastazioni dei roghi sono state usate come terreno di scontro sul piano politico, fra reciproche accuse e disinformazione, al di là delle effettive cause del disastro. Il tutto mentre qualcuno continua a cercare disperatamente di recuperare i frammenti della propria esistenza fra macerie e cenere.
Di Stefano Faina e Silvio Napolitano
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