
Ventimila bambini ucraini deportati
Sul tavolo dei negoziati non ci sono i bambini ucraini deportati negli ultimi tre anni. Alla vigilia dell’invasione su larga scala dell’Ucraina le prime deportazioni a opera dei russi, che poi hanno continuato, con metodo
Ventimila bambini ucraini deportati
Sul tavolo dei negoziati non ci sono i bambini ucraini deportati negli ultimi tre anni. Alla vigilia dell’invasione su larga scala dell’Ucraina le prime deportazioni a opera dei russi, che poi hanno continuato, con metodo
Ventimila bambini ucraini deportati
Sul tavolo dei negoziati non ci sono i bambini ucraini deportati negli ultimi tre anni. Alla vigilia dell’invasione su larga scala dell’Ucraina le prime deportazioni a opera dei russi, che poi hanno continuato, con metodo
Sul tavolo dei negoziati non ci sono i bambini ucraini deportati negli ultimi tre anni. Alla vigilia dell’invasione su larga scala dell’Ucraina le prime deportazioni a opera dei russi, che poi hanno continuato, con metodo
Siamo al punto di dover dire grazie all’attuale inquilino della Casa Bianca. Grazie a lui, al suo vice Vance e al ‘consulente’ Musk, forse i Paesi europei (non tutti, peraltro) sembrano recuperare consapevolezza. Vedremo quanta e per quanto tempo durerà il loro «Slava ukraini! Herojam slava!».
Non c’è però soltanto la tragedia di un popolo aggredito che cerca di non soccombere, di una generazione sterminata da tre anni di guerra senza quartiere. C’è anche una dolorosissima ferita inferta da Putin e dai suoi complici a migliaia di inermi innocenti, colpevoli solo di vivere nel posto ‘sbagliato’. Una questione nata tre anni fa, quando i primi bambini ucraini vennero letteralmente deportati alla vigilia dell’invasione russa su larga scala dell’Ucraina. Poi hanno continuato, con metodo. Raccogliendoli in campi di custodia russi disseminati in Crimea, vicino Mosca, a Kazan, a Ekaterinburg, nella lontana Siberia. ‘Adottati’ da famiglie russe, sottoposti a veri e propri lavaggi del cervello.
Esiste una copiosa documentazione realizzata dall’Università di Yale e dal passato Dipartimento di Stato Usa. Questi bambini sono vittime di un progetto che i russi definiscono di «assistenza» per salvarli dalla guerra, evacuati «per il loro bene». A volte sono disabili, come i giovani di Oleshky, nella regione di Kherson. Fatti salire su dei pullman e portati in Crimea, affidati a famiglie russe o rinchiusi in centri di ‘rieducazione’. Putin ha firmato un decreto per rendere più veloci le pratiche per l’adozione. Soltanto una minima parte è stata restituita alle famiglie d’origine. Degli altri non se ne sa più nulla.
Kijv sostiene che siano almeno ventimila i bambini portati in Russia, anche se c’è chi azzarda siano dieci volte tanto. Il britannico “The Guardian” ha raccontato la storia di una di questi piccoli deportati. Gli insegnanti e i compagni della nuova scuola che frequentava «ogni giorno mi dicevano che sarei rimasta qui per sempre. Che non avrei mai lasciato la Russia. Mi dicevano che l’Ucraina non esiste, che non è mai esistita, che siamo tutti russi… A volte gli altri ragazzi mi picchiavano perché ero filo-ucraina».
Anche per questi rapimenti il Tribunale penale internazionale ha emesso un mandato di cattura nei confronti di Putin. E del commissario russo per i diritti dell’infanzia Marija L’vova-Belova. L’accusa è che la Russia abbia agito con «l’intenzione di rimuovere permanentemente» i bambini dall’Ucraina. Putin non solo intende distruggere la nazione ucraina: come Stalin a suo tempo, vuole recidere i legami familiari e cancellare l’identità ucraina dei bambini deportati. La britannica Bbc ha scoperto che bambini prelevati da un orfanatrofio di Kherson sono arrivati a Mosca. E qui forniti di nuovi documenti con nomi modificati e dichiarati ufficialmente nati in Russia.
Il già citato studio dell’Università di Yale rivela che fra il settembre 2022 e il maggio 2023 oltre 2.400 bambini ucraini fra i 6 e i 17 anni sono stati deportati in Bielorussia. Venivano dalle regioni di Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia, occupate dall’esercito russo. Il presidente Lukashenko, fedelissimo di Putin, come un bonario zio ha promesso a un gruppo di bambini deportati di «abbracciarli, portarli nelle nostre case, tenerli al caldo e rendere la loro infanzia più felice».
Tempo fa – silenzioso e discreto, sotterraneo come d’abitudine – un lavorio vaticano, affidato al presidente della Cei cardinale Matteo Zuppi, qualche risultato lo ha pure ottenuto. Ma si tratta della classica goccia del mare. Nel piatto dei possibili negoziati quei bambini rapiti e scomparsi non compaiono. Soltanto terre rare, possibili esili, porzioni più o meno vaste di territorio da smembrare. Quelle migliaia di bambini ucraini rapiti sono fantasmi che sembra non interessino a nessuno.
Di Valter Vecellio
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