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Chiara Poggi e Serena Mollicone e quel senso di una giustizia mai veramente giusta

Chiara Poggi e Serena Mollicone, due ragazze uccise 18 e 24 anni fa, che hanno commosso l’Italia intera. Quella stessa Italia, alla luce della riapertura dei due casi, oggi si interroga sulle modalità con cui vengono condotte le indagini e su come, poi, motivate le sentenze

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Chiara Poggi e Serena Mollicone e quel senso di una giustizia mai veramente giusta

Chiara Poggi e Serena Mollicone, due ragazze uccise 18 e 24 anni fa, che hanno commosso l’Italia intera. Quella stessa Italia, alla luce della riapertura dei due casi, oggi si interroga sulle modalità con cui vengono condotte le indagini e su come, poi, motivate le sentenze

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Chiara Poggi e Serena Mollicone e quel senso di una giustizia mai veramente giusta

Chiara Poggi e Serena Mollicone, due ragazze uccise 18 e 24 anni fa, che hanno commosso l’Italia intera. Quella stessa Italia, alla luce della riapertura dei due casi, oggi si interroga sulle modalità con cui vengono condotte le indagini e su come, poi, motivate le sentenze

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Chiara Poggi e Serena Mollicone, due ragazze uccise 18 e 24 anni fa, che hanno commosso l’Italia intera. Quella stessa Italia, alla luce della riapertura dei due casi, oggi si interroga sulle modalità con cui vengono condotte le indagini e su come, poi, motivate le sentenze

C’è un aspetto inquietante che unisce i casi di Chiara Poggi e Serena Mollicone, due terribili fatti di cronaca su cui sembrava essere stata scritta in qualche maniera la parola fine. Due gli incredibili colpi di scena che hanno contrassegnato la giornata di ieri. A 18 anni dall’omicidio di Chiara, l’apertura di un nuovo filone di indagine che vede oggi coinvolto l’amico del fratello di Chiara, Andrea Sempio. L’annullamento della sentenza di assoluzione della famiglia Mottola. Per cui ora si dovrà procedere con un nuovo processo d’appello 24 anni dopo la morte di Serena. Il cui assassino non ha ancora un nome.

Due notizie che creano un certo sgomento tra chi quei casi li ha letti ogni giorno per anni sulle pagine dei giornali. E che ci fanno pensare inevitabilmente a una giustizia mai giusta fino in fondo, l’incubo peggiore per qualsiasi imputato – allorquando innocente – e per tutte le famiglie delle vittime, condannate a un fine pena mai. Proprio quest’ultime, in queste ore, si vedono costrette a riaprire ferite mai rimarginate ma solo tamponate dal passare degli anni.

Sono fatti che ci raccontano soprattutto di indagini fatte male, superficiali. Che hanno permesso che leciti dubbi si potessero insinuare nella mente di chi doveva poi giudicare, lavoro complessissimo. Davanti a processi indiziari e mediatici come questi, la sensazione è quella di trovarsi spesso a fare i conti con sentenze che non sempre possono fregiarsi di quel “oltre ogni ragionevole dubbio”. E’ evidente che una sentenza non possa dipendere dalla sensibilità di chi si ha la fortuna (o sfortuna) di trovarsi davanti.

Anzi, i dubbi restano, ancor di più se dopo così tanti anni ancora si scava provando a ribaltare ciò che sembra lapalissiano per alcuni, un’infamante menzogna per altri. Non sta a noi, evidentemente, stabilire chi abbia ragione o torto. Ma da un lato è rassicurante sapere che le sentenze possono essere sempre rivisitate alla luce di nuove prove. Dall’altro preoccupa tremendamente la leggerezza e l’incuria con cui certe indagini vengano condotte. Inquieta e fa terribilmente rabbia la faciloneria con cui certe sentenze vengono poi scritte e motivate.

Si prenda ad esempio il Procuratore Generale che ha richiamato i Mottola a processo – qui per approfondire il caso di Serena – che parla di “macro vizio” ovvero di una sentenza “totalmente carente che ha atteggiamento pilatesco” in cui si omette completamente di spiegare le ragioni per cui la ragazza, all’epoca dei fatti appena 18enne, si trovasse la mattina in cui è stata assassinata proprio nella caserma di Arce (dove Mottola padre lavorava e viveva con la propria famiglia in un appartamento adiacente messo a disposizione dall’Arma dei Carabineri).

Com’è possibile che manchi un dettaglio così rilevante ai fini dell’iter processuale? Non è possibile e infatti, ora, è tutto da rifare.  

Non è la prima volta che ci troviamo di fronte a sentenze che proclamano l’innocenza di qualcuno per poi ribadire subito dopo il contrario. E’ già accaduto che qualcuno venisse condannato per omicidio con pene giudicate troppo lievi. Alla luce di alcuni dubbi che non permettevano di stringere tra le mani fogli che spiegassero con certezza assoluta le ragioni di quella scelta. E’ già accaduto che qualcuno, in situazioni simili, venisse invece assolto.

Solo chi non fa, non sbaglia mai. Ma è anche vero che in certi lavori è doveroso mettere in atto tutte le cautele del caso per avvicinarsi alla perfezione. Invece capita ancora che alcuni rilievi vengano fatti con imperizia. Che la scena del crimine venga contaminata a seguito di azioni maldestre. Che certi filoni d’inchiesta vengano completamente ignorati. Tutto ciò non è ammissibile. Per rispetto di chi non c’è più ma anche di chi resta in attesa di sapere la verità.

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