Sanità: così Oms si riorganizza, ‘in atto la più grande crisi di finanziamenti’

Milano, 2 mag. (Adnkronos Salute) – “Stiamo vivendo la più grande interruzione del finanziamento alla sanità globale che si ricordi”. Ha esordito così il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Tedros Adhanom Ghebreyesus, affrontando il tema dei tagli con cui le agenzie delle Nazioni Unite si stanno misurando ieri durante un briefing speciale che si è tenuto a Ginevra con la stampa accreditata presso le Nazioni Unite. “Per anni abbiamo sostenuto la necessità di modificare il finanziamento della sanità globale e sottolineato l’importanza dell’autosufficienza e del finanziamento interno”, ha spiegato il Dg nel suo discorso di apertura. “Noi – ha aggiunto rispondendo alle domande sul tema – abbiamo iniziato la nostra trasformazione nel 2017. Abbiamo fatto un’analisi e uno dei problemi sistemici identificati era la dipendenza dell’Oms da pochi donatori tradizionali”.
Uno degli obiettivi, ha assicurato, era dunque proprio allargare la base dei donatori, anche perché “il ritiro di uno di loro avrebbe potuto causare una crisi, e questo non può essere osservato facilmente”. “Che si tratti di Gaza, Haiti o Angola, l’Oms sta lavorando per affrontare una serie di gravi minacce per la salute pubblica. Molti sono venuti a porci domande sui cambiamenti apportati all’Oms a causa dei tagli dei finanziamenti alla salute. E’ ovviamente un processo molto doloroso. In un briefing con gli Stati membri ad aprile ho illustrato la revisione del budget del programma ed è stata annunciata una nuova struttura organizzativa. Tuttavia, il nodo del calo degli aiuti esteri allo sviluppo non riguarda solo l’Oms o le agenzie sanitarie di Ginevra o altrove, ma” riguarda “il reale impatto che questo calo sta avendo sulla salute delle persone in molti Paesi. L’Accordo sulle pandemie e la sconfitta dell’Ebola in Uganda dimostrano che quando affrontiamo i problemi insieme, possiamo fare passi avanti storici. La regressione dei progressi che stiamo iniziando a vedere non è inevitabile”.
E’ poi entrato nel dettaglio delle attività di riorganizzazione in corso Raul Thomas, che all’Oms è Assistant Director-General per il settore Business Operations. “Come parte della nostra trasformazione, abbiamo effettivamente identificato il rischio” di avere una base ristretta di “pochi donatori. E e quindi abbiamo intrapreso un percorso costante per affrontare questo rischio”. Ora “si sta esaminando come possiamo diventare più efficienti come organizzazione, quindi come i nostri processi aziendali possono essere semplificati, come possiamo valutare la possibilità di collaborare con altre entità senza duplicare gli sforzi nel sistema delle Nazioni Unite. C’è un’iniziativa” in corso e “la stiamo esaminando come parte del sistema delle Nazioni Unite, ma anche all’interno dell’Oms stessa, assicurandoci di non avere duplicati o frammentazioni degli sforzi. La stiamo esaminando in quello spazio di efficienza, esaminando la nostra catena di fornitura, esaminando come facciamo affari come processo più generale”.
Una parte di questo percorso che si sta affrontando è anche “la ricerca di come possiamo essere più efficienti o convenienti in termini di ubicazione di alcuni dei nostri programmi: abbiamo un gruppo attivo che sta valutando la possibilità di trasferire alcune funzioni più vicino a dove c’è bisogno programmatico o dove l’ecosistema si presta al lavoro che l’Oms sta svolgendo, quindi abbiamo un gruppo che sta esaminando questo come parte dell’intera ristrutturazione. E poi l’ultimo pezzo che il Dg ha menzionato è la ristrutturazione dell’Oms nel suo complesso a partire dalla sede centrale. Le regioni Oms stanno facendo la stessa cosa e si stanno allineando con la struttura della sede centrale per garantire, ancora una volta, che si creino sinergie in tutta l’organizzazione e ciò implicherà, come ha accennato il direttore generale, alcune decisioni difficili che dovranno essere prese nelle prossime settimane e nei prossimi mesi”. Quindi “ci sarà un ridimensionamento e ci stiamo preparando per questo, in termini di come implementeremo i risultati di questa nuova struttura che ci renderà più efficienti, più snelli e in grado di svolgere il nostro mandato in modo più efficiente”.
I Paesi donatori, ha osservato il Dg Tedros, “possono spendere i loro soldi come vogliono e hanno il diritto di spenderli come vogliono. E siamo grati a coloro che per decenni hanno finanziato i sistemi sanitari a livello globale. Ma invece di un declino ordinato, o di un ritiro ordinato, i bruschi tagli agli aiuti esteri allo sviluppo e un contesto economico e commerciale difficile stanno seminando il caos” nel settore della salute pubblica. “Ad esempio – ha evidenziato – i progressi nella lotta contro le malattie tropicali neglette, che colpiscono oltre un miliardo di persone e hanno un impatto sproporzionato sulle comunità più povere ed emarginate, rischiano concretamente di regredire. I bruschi tagli e il ritiro dei finanziamenti statunitensi, oltre ai tagli agli investimenti per le malattie tropicali neglette da parte di altri Paesi donatori, hanno portato alla sospensione delle campagne di trattamento per oltre 140 milioni di persone e alla riduzione della ricerca su nuovi strumenti medici”.
Ma, ha continuato il Dg dell’Oms, “non deve andare per forza così, ed esortiamo i governi a non voltare le spalle ai più poveri ed emarginati, vanificando decenni di progressi. Purtroppo, questa è solo la punta dell’iceberg. Le malattie continuano a evolversi e, con un mondo che si riscalda e con conflitti prolungati, continuano a verificarsi epidemie e minacce di salute che richiedono interventi”.
Quanto all’azione degli Stati Uniti nello specifico, “la prendiamo come un’opportunità per accelerare quello che stiamo facendo – ha detto Ghebreyesus – Se il quadro finanziario migliora, arriveremo dove volevamo essere quando abbiamo iniziato il percorso nel 2017. Quando ridimensioneremo o faremo meno attività, l’organizzazione si concentrerà sul mandato principale che sarà affinato e crediamo che potrebbe avere un impatto maggiore. Con maggiore responsabilizzazione possiamo anche concentrarci sulle priorità dei Paesi non basate sugli interessi dei donatori o sulle sovvenzioni che riceviamo perché abbiamo finanziamenti flessibili e possiamo supportare i Paesi in un modo migliore. Il problema però per il Dg Tedros non è solo economico. “Per me il ritiro degli Stati Uniti non riguarda la perdita di denaro. La cosa più importante per me è l’impatto sulla partnership, la leadership degli Stati Uniti è importante”. E con questa decisione “perdono gli Stati Uniti e perde il resto del mondo”. “Come sapete abbiamo già rivisto il nostro budget: da 5,3 miliardi di dollari inizialmente proposti, il nostro consiglio ha approvato 4,9 mld” per il biennio 2026-2027, “ma in base alla realtà abbiamo detto che 4,9 miliardi erano ancora abbastanza alti e il segretariato stesso ha proposto di ridurlo a 4,2 miliardi. Ora, ha concluso il Dg, “stiamo cercando di riorganizzarci dalla sede centrale” a quelle regionali e nazionali, in base al difficile scenario descritto.
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