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Sindacati medici: “Ospedali occupati dall’università, carriere scippate”

26 Maggio 2025

Milano, 26 mag. (Adnkronos Salute) – “Le università stanno occupando gli ospedali. E i medici universitari stanno tagliando drasticamente le prospettive di carriera dei medici ospedalieri. La cosiddetta ‘clinicizzazione’ delle strutture sanitarie è in costante espansione, andando ben al di là delle necessità dettate dalla didattica e dalla ricerca, e rappresentando sempre più una mera occupazione di spazi e di potere e una minaccia per gli ospedalieri. Un fenomeno insopportabile davanti al quale i sindacati Anaao Assomed e Cimo-Fesmed e la società scientifica Acoi” dei chirurghi ospedalieri “non possono più rimanere in silenzio”. In una nota parlano di carriera “scippata” e lanciano un appello a ministero della Salute e Regioni: “Fermino questa vergogna”.

“Si assiste frequentemente all’ampliamento, sulla base di accordi siglati da atenei e Regioni – osservano Anaao, Cimo e Acoi – delle attività didattiche in reparti o intere strutture assistenziali che in molti casi non hanno nemmeno i numeri o la casistica necessari a giustificare la presenza dell’università; la direzione di tali unità operative viene quindi affidata a professori universitari nominati dal rettore – e che quindi non devono superare un concorso, come invece richiesto agli ospedalieri che ambiscono a diventare direttori di struttura – nonostante il personale medico sia prevalentemente, se non esclusivamente, ospedaliero. All’improvviso, dunque, gli ospedalieri si ritrovano non solo senza alcuno sbocco di carriera, ma devono anche farsi carico della responsabilità di occuparsi della formazione pratica dei medici specializzandi affidati a quel determinato reparto. Senza percepire alcun compenso aggiuntivo, ovviamente”.

Da qui la richiesta a ministero della Salute e Regioni: “Intervenire urgentemente per porre fine a un espansionismo senza controllo che calpesta i diritti dei medici ospedalieri”.

“Ci rifiutiamo di condannare i medici ospedalieri a cedere spazi e competenze all’università – dichiara Pierino Di Silverio, segretario nazionale Anaao Assomed – e relegarli nella riserva di un Servizio sanitario nazionale povero e per i poveri, lasciando ad altri il ‘lusso’ della formazione, della didattica e dell’assistenza nei settori ad alta specializzazione. E’ necessario un intervento deciso per rendere i rapporti università-Ssn meno conflittuali e più rispettosi dei reciproci fini istituzionali. Anche per costruire il livello di integrazione necessario a superare il vissuto da ‘separati in casa’ che caratterizza la situazione attuale”.

“In un momento di particolare crisi dei medici ospedalieri, costretti a lavorare in condizioni inaccettabili per far fronte alle gravi carenze di personale – afferma Guido Quici, presidente Cimo-Fesmed – è intollerabile aggiungere ulteriori cause di demotivazione che spingeranno sempre più colleghi ad allontanarsi dal Ssn. Occorre definire in modo chiaro e trasparente la dotazione strutturale e l’organizzazione necessarie alla didattica e alla ricerca, al fine di evitare di disperdere in mille rivoli risorse fondamentali e di creare una reale collaborazione tra università e ospedali nel rispetto delle funzioni e dei ruoli di ciascuno, dando vita agli ospedali di insegnamento per garantire una formazione di qualità ai medici specializzandi”.

“La nostra professione, come sanno anche i più distratti – aggiunge Vincenzo Bottino, presidente Acoi – è assolutamente delicata: vive quotidianamente, e a vita, tra formazione permanente e azioni sul campo. Elementi come la professionalità, la capacità di gestire il team, il supporto agli specializzandi, il rapporto con i pazienti fino alla direzione delle unità operative dovrebbe premiare – o quantomeno mettere in condizione di partecipare – anche le figure professionali che conoscono bene le dinamiche delle sale operatorie e che sono supportate da percorsi accademici e formativi di livello. Il nostro lavoro, sempre per i più distratti, è quello di salvare la vita delle persone: per farlo, serve una straordinaria conoscenza teorica ma anche una necessaria capacità operativa. Decidere di premiare solo una di queste due competenze – oggi evidentemente la prima – significa mettere a rischio la vita dei nostri pazienti. Forse è bene ricordarlo a tutti, anche ai più distratti che hanno potere decisionale”.

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