Ricerca, Musarò (UniRoma): “In Italia vale 1,3% Pil contro media Ue del 2,2%”

Roma, 27 mag. (Adnkronos Salute) – “La ricerca scientifica rappresenta un elemento strategico per lo sviluppo economico e sociale del nostro Paese. Tuttavia, la ricerca pubblica in Italia continua a soffrire di risorse limitate e spesso non gestite in modo trasparente. I numerosi appelli lanciati per decenni dalle più prestigiose istituzioni italiane sulle condizioni in cui versano i finanziamenti alla ricerca scientifica non hanno trovato la dovuta attenzione da parte dei decisori politici”. Resta “significativo il divario tra l’Italia e le principali economie europee e mondiali in termini di investimenti in ricerca”. Nel nostro Paese, “sommando componente pubblica e privata, secondo i dati Ocse 2022 è stato dell’1,3% del Pil rispetto al 2,3% della Francia, al 3,1% della Germania e molto al di sotto della media europea pari al 2,2%”. Così Antonio Musarò, professore ordinario Dipartimento di Scienze anatomiche, istologiche, medico legali e dell’apparato locomotore, sezione di Istologia ed embriologia medica, Sapienza Università di Roma, e membro dello Scientific Board di Ibsa Foundation, intervenendo oggi a Milano alla cerimonia di premiazione delle Ibsa Foundation Fellowship 2024.
I ripetuti appelli della comunità scientifica ai decisori politici sono orientati a “implementare e garantire risorse strutturali per la ricerca scientifica in modo da raggiungere almeno lo 0,75% del Pil (rispetto all’attuale 0,50%), portando l’investimento al livello dei grandi Paesi europei – aggiunge Musarò – Tuttavia, non è solo questione di denaro, ma di metodo nella distribuzione delle risorse e di tempistiche nel dare risposte ragionevoli a chi presenta un progetto innovativo, ma che potrebbe diventare obsoleto per i tempi ‘incerti’ della valutazione. Infatti, la valutazione degli ultimi bandi Prin e Fis ha subito ritardi, con una media di 14 mesi dalla sottomissione delle varie proposte alla comunicazione degli esiti. Serve una presa d’atto da parte del Governo e un intervento del ministero dell’Università e la Ricerca per sanare queste mancanze”, ma anche “rendere il finanziamento alla ricerca stabile e strutturale. La ricerca del nostro Paese – rimarca il docente – aspetta e merita di poter contare su un’agenzia, o su un suo equivalente paragonabile ai modelli europei, che gestisca fondi pubblici su base competitiva, in modo autonomo e trasparente, ispirato a criteri e procedure di valutazione internazionalmente condivisi, con esiti chiari, espliciti e con tempi certi”.
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