Folla oceanica e giubilo per la guerra
La società civile russa contraria alla guerra è minoritaria: la linea del popolo russo sembra infatti ormai unita in un filo indissolubile a quella del suo leader.
Folla oceanica e giubilo per la guerra
La società civile russa contraria alla guerra è minoritaria: la linea del popolo russo sembra infatti ormai unita in un filo indissolubile a quella del suo leader.
Folla oceanica e giubilo per la guerra
La società civile russa contraria alla guerra è minoritaria: la linea del popolo russo sembra infatti ormai unita in un filo indissolubile a quella del suo leader.
La società civile russa contraria alla guerra è minoritaria: la linea del popolo russo sembra infatti ormai unita in un filo indissolubile a quella del suo leader.
Gli ucraini hanno una parola per definire i loro invasori: “ruscisti”, fascisti russi. I russi invece li chiamano “banderisti”, cioè seguaci di quel Stepan Bandera che fu una figura controversa del nazionalismo ucraino. Una neolingua figlia di otto anni di guerra nel Donbass a bassa intensità, di cui i russi sanno però solo quello che Putin ha ritenuto dovessero sapere.
A riguardo della strategia informativa del Cremlino, l’economista russo Maxim Mironov ricorda la sua esperienza nella tv pubblica di Mosca: «Quando nel 2000 volemmo creare contenuti di qualità nelle reti federali – ricorda – non riuscimmo ad attrarre i giornalisti indipendenti perché snobbavano i canali pubblici. Il campo è stato lasciato tutto ai propagandisti di Putin, che hanno incrementato a dismisura il suo potere con il risultato che ora gli adulti russi appoggiano le sue politiche ciecamente, compresa questa guerra».
Le conseguenze di questa dissociazione, in cui vive il cittadino di San Pietroburgo quanto quello di Vladivostok, si vedono soprattutto nella facilità con la quale il Cremlino trova soldati cinicamente disposti a colpire obiettivi civili con bombardamenti indiscriminati. Nessun ammutinamento ha colpito i reggimenti incaricati di livellare Kharkiv, nessun «Niet!» è stato opposto alla richiesta degli ufficiali di non preoccuparsi delle vittime civili durante gli attacchi.
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Si ascrive quindi al tentativo di boicottare la narrativa di Putin l’iniziativa di Anonymous, collettivo di hacker internazionali, di infiltrarsi nelle reti televisive russe per trasmettere i video dei violenti attacchi agli inermi cittadini ucraini. Troppo poco e troppo tardi. La linea del popolo russo sembra infatti ormai unita in un filo indissolubile a quella del suo leader, che infiamma una folla di 90mila persone riunita allo stadio Luzhniki di Mosca per festeggiare l’anniversario dell’occupazione illegale della Crimea. Gli basta dire che «liberare le persone da questa sofferenza, dal genocidio, é il principale scopo dell’operazione militare che abbiamo iniziato nel Donbass e in Ucraina» senza che cessi lo sventolio di una sola bandiera russa di fronte a una tale assurda menzogna. «Attueremo tutti i nostri piani» assicura il dittatore in questa plausibile rievocazione del comizio nazista di Nuremberg.
Di quali piani stia parlando ce lo spiega un nuovo testimonial, proveniente dalla giovane classe media alla quale l’Occidente si sta appellando dall’inizio della guerra per porre fine alle violenze. «Volodomyr Zelensky» dice lo studente della prestigiosa università Mgimo di Mosca, dedicata agli studi internazionali, «ci rivolgiamo a te come responsabile della vita di milioni di ucraini. Il presidente della Russia dichiara che è necessaria la demilitarizzazione e la denazificazione del tuo Paese, la conferma del suo status neutrale, il riconoscimento della nostra sovranità sulla Crimea. I nostri soldati non uccidono civili, sono i tuoi battaglioni nazionalisti che sono fuori dal tuo controllo. La Russia non ha mai abbandonato i suoi cittadini e mai lo farà nel Donbass, qualsiasi sia il costo».
Ultimatum di questo tipo non fanno che confermare l’impressione delle cancellerie europee: i tentativi di dialogo di Mosca sono soltanto una tattica dilatoria, nell’attesa che le violenze portino Kyiv alla capitolazione.
di Camillo Bosco
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