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La gloriosa resistenza di Charkìv

La resistenza di Charkìv, sede di importantissime basi militari a soli 40 km dal confine russo, è un miracolo al quale tutt’ora si stenta a credere.
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La gloriosa resistenza di Charkìv

La resistenza di Charkìv, sede di importantissime basi militari a soli 40 km dal confine russo, è un miracolo al quale tutt’ora si stenta a credere.
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La gloriosa resistenza di Charkìv

La resistenza di Charkìv, sede di importantissime basi militari a soli 40 km dal confine russo, è un miracolo al quale tutt’ora si stenta a credere.
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La resistenza di Charkìv, sede di importantissime basi militari a soli 40 km dal confine russo, è un miracolo al quale tutt’ora si stenta a credere.
Non solo la liberazione dei territori a lei circostanti, ma la stessa resistenza di Charkìv alla conquista russa è un miracolo al quale tutt’ora si stenta a credere. Centro economico russofono dell’Ucraina e sede di importantissime fabbriche militari, la città è il secondo agglomerato urbano del Paese dei Girasoli e si trova ad appena 40 km dal confine russo. Il 24 febbraio ha quindi preso in pieno il pugno dell’aggressione illegale e immotivata di Mosca, ma i charkiviti hanno dimostrato un coraggio incredibile e similmente agli abitanti di Sumy e Chernihiv hanno resistito contro ogni previsione. D’altronde la città fu fondata nel 1654 come fortezza dato il suo posizionamento strategico e i circa 70 giorni di duro assedio a cui le truppe del colonnello generale Alexander Zhuravlyov l’hanno costretta hanno dimostrato come qualcosa di quell’origine atavica sia rimasta nei suoi abitanti. Non solo hanno infatti resistito a bombardamenti tra i più terribili di questa guerra – con pause tra uno scoppio e un altro di appena 8 minuti nei giorni più intensi – ma recentemente si avevano anche continue notizie sulla liberazione, da parte delle truppe di Kyiv, dei villaggi a Nord e a Est della città. Ora le truppe ucraine sono addirittura giunte in alcuni punti al confine con la Russia, diffondendo un video in cui simbolicamente viene rimesso in piedi un segnaposto giallazzurro. LEGGI TUTTI GLI ARTICOLI “CRONACHE DI GUERRA” Il collasso degli aggressori su questo fronte è quindi ormai conclamato e produce anche delle grottesche situazioni di tortuosità burocratiche per le amministrazioni russe. A combattere su quel fronte si trovavano infatti anche due brigate di fucilieri delle finte ‘repubbliche’ create dalla Russia nel Donbass (unità famose per i video in cui appaiono armate con elmetti sovietici e antidiluviani fucili a colpo singolo Mosin) e nella foga della rotta centinaia di loro membri si sono ritrovati oltreconfine presso i fratelli russi. I quali, con conseguente fraterna comprensione, non hanno esitato un momento a incarcerarli per costringerli all’arruolamento sotto le insegne del comando generale al fine di sanare la loro posizione di miliziani irregolari. Le chat Telegram delle mogli di questi militi sono ora piene di ansia e rabbia per essere state tradite dapprima dalla dittatura militare in cui vivono – che ne ha arruolato i mariti a forza e persino con trucchi (come nel caso del pianista Nikolay Zvyagintsev, coscritto insieme ai suoi colleghi d’orchestra con la scusa di un concerto e mandato a morire a Mariupol) – e ora dall’alleato russo, ansioso di trovare nuova carne da cannone per salvare il salvabile dell’Operazione “Z”. I successi sul campo dell’esercito di Zelensky ci fanno pensare che però sia ormai troppo tardi perché il Cremlino possa ribaltare le sorti di una guerra che, con tutta evidenza, non era preparato a combattere. A prova di ciò, per festeggiare la liberazione di Charkìv dalla minaccia delle artiglierie o forse per un incredibile tempismo, il comando delle Forze armate ucraine ha condiviso un documento ufficiale russo in cui si elencavano le perdite, al 15 marzo scorso, dei reparti corazzati impiegati proprio nel fronte contiguo questa città e Sumy. Dopo appena tre settimane di guerra, si legge nel documento, la gloriosa Prima armata dei Carri della Guardia dell’esercito russo aveva perso centinaia di uomini e la metà dei suoi mezzi corazzati – tra cui i moderni T90 “Vladimir” – costellavano la steppa ucraina come rottami. Ma il rapporto non ha impietosito il criminale Putin e ora l’intera Prima armata ha smesso di esistere mentre Charkìv, seppur butterata dalle esplosioni, vive invece libera dalle mire imperialistiche del regime siloviko. Di Camillo Bosco

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