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Bollette, ConfimpreseItalia: “Evitare una catastrofe economica e sociale”

27 Settembre 2022

Roma, 27 set. (Adnkronos/Labitalia) – “Chiusure e nuovi disoccupati. 850.000 imprese chiuse. 3,5 milioni di posti di lavoro persi. I dati elaborati dal nostro centro studi, sebbene siano fatti su un campione ristretto ma significativo, confermano le fosche, ma purtroppo realistiche, previsioni fatte da altre associazioni”. A dirlo Guido D’Amico presidente nazionale di ConfimpreseItalia.

“Nei prossimi mesi – spiega – 850.000 piccole e microimprese chiuderanno a causa dell’insostenibile peso della bolletta energetica sui fatturati delle aziende. Le cifre, a volte stratosferiche, da sole non rendono il senso della gravità della situazione e la prospettiva catastrofica verso la quale siamo diretti. Il dato che certifica la chiusura delle aziende non è il pur impressionante dato assoluto, ma è la percentuale di fatturato che erode. In alcuni casi arriva al 50%, ma di solito in attività come forni, somministrazione, ristorazione, si attesta su una media del 22% con tetti che arrivano anche al 35%. È evidente che con queste percentuali l’unico approdo per le aziende è la chiusura”.

“850.000 aziende – sottolinea – rappresentano oltre il 16,5% delle imprese esistenti nel febbraio 2022 (5,146 milioni), ed i 3,5 milioni di nuovi disoccupati rappresentano il 15,1% degli attuali occupati (23,15 milioni). Questa mole di disoccupati metterà. Rischio la tenuta sociale del paese con danni inimmaginabili in termine di potenziale destabilizzazione sociale. Questa non è la sede per una indagine sociologica, sulla quale saremmo anche disponibili a confrontarci. In questa sede ci preme evidenziare quale è il costo che lo stato in generale, l’Inps in particolare dovrà sostenere”.

“Per effettuare la nostra stima – fa notare D’Amico – abbiamo preso a base un lavoratore che abbia un netto in busta di 1340,67. In questo caso, tra azienda e lavoratore versano all’Inps 602,66 euro e 237 euro di Irpef, non stiamo considerando l’assicurazione Inail. Dal momento del licenziamento il lavoratore ha diritto a quella che una volta veniva definita ‘disoccupazione’ che ora è la Naspi. Quello che percepirà, per due anni, a carico dell’Inps, è una indennità di 1053,67 euro mensili. Appare del tutto evidente che lavoratore ed azienda non verseranno più i contributi Inps provocando una minore entrata per 602,65 euro mensili, mentre i minori introiti da Irpef saranno di 23,00 euro mensile”.

“La somma – continua – tra mancate entrate e indennità da versare vale 1679,32 euro mensile per singolo lavoratore. Sulla base di questi dati, come evidenziato nella tabella prima esposta, il costo per lo stato durerà, in due anni 140 miliardi di euro”.

“Prima di presentare le nostre proposte – avverte -riteniamo opportuno fare delle brevi considerazioni. Riportiamo integralmente una parte della Costituzione. ‘Articolo 2. La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale’. Dalla sua lettura ci chiediamo quale sia l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale che stanno dando le società di gestione dei servizi di luce e gas in un momento in cui la mancata fornitura di questi servizi primari lede il diritto al lavoro di milioni di persone”.

“Vogliamo ricordare a noi stessi – afferma il presidente nazionale di ConfimpreseItalia – che luce e gas rappresentano che luce e gas rappresentano sicuramente dei servizi di interesse economico generale e che per questa tipologia di servizi Sieg, le leggi di mercato posso avere elementi regolatori da parte dello Stato. In questo momento su luce e Gas c’è una strana considerazione delle leggi di mercato. Un gruppo decide di fissare su una serie di considerazioni più o meno attendibili di fissare il prezzo di vendita indipendentemente da quello di acquisto. Per fare un confronto che quella che è una altra piaga del carovita che non vogliamo affrontare in questa sede, il prezzo della benzina al distributore varia in funzione del prezzo del petrolio al barile”.

“Qui – ribadisce – ci troviamo in una condizione che pure se la luce fosse regalata ai distributori si applicherebbe lo stesso prezzo di vendita. A questo esempio potremmo togliere il condizionale. Tutta l’energia prodotta da fonti rinnovabili continua a costare 0,15 euro a KW mentre il pun prezzo unico nazionale (alla faccia della libera concorrenza) fissato dalla Gme Gestore mercati energetici di proprietà del Ministero del Tesoro al prezzo attuale di 0,55 euro KW. Sarebbe interessante comprendere le ragioni di questo sur plus. Ai 0,55 euro fissati dal Gse, le singole società rivenditrici applicano il loro servizio da qui il l’insostenibile prezzo che devono pagare le aziende. Inoltre, bisogna pensare che le previsioni danno il prezzo del Kw ad 1,00 euro entro dicembre. Chi è il beneficiario di questo regalo?”.

“Stesso ragionamento – continua – va fatto per il gas dove il mercato è fissato non sul valore reale del prodotto ma sulle previsioni del Ttf gas (Title transfer facility). In questa sede ci limitiamo a sottolineare che il gas naturale è un bene fungibile uguale indipendentemente dal produttore e che il prezzo medio del gas (che costa sempre allo stesso prezzo) dopo avere raggiunto un picco di 125,42 euro mwh, ad aprile aveva un prezzo medio mensile di 92,80 e mwh contro i 222,33 euro mwh di luglio”.

“Per noi – sostiene – è chiaro che bisogna intervenire sui prezzi alla fonte e che ogni aiuto possibile intervenendo sui prezzi di vendita più che un sostegno alle imprese sarà un regalo ai produttori o a chi gestisce le reti. Su questo tema il punto di vista del Governo, ma anche di tutti i partiti è quello di intervenire sul prezzo finale, favorire insostenibili rateizzazioni ed altri provvedimenti he riteniamo inutili e costosi. Noi pensiamo che il punto che deve guidare una scelta difficile e ponderata deve avere un punto di vista che abbia altre priorità ed un utilizzo diverso delle informazioni”.

“Parliamo di Sieg (servizi interessi economici generali) – precisa – di cui imprese e cittadini non possono fare a meno. Ai prezzi attuali la sopravvivenza delle aziende non dipende da capacità proprie ma è legata all’insostenibilità di un servizio che lo stato deve garantire: che la coesione sociale è a rischio; che senza un intervento immediato chiuderanno nel breve periodo almeno 850.000 imprese e che ci saranno 3,5 milioni di nuovi inoccupati; che oltre al danno sociale, forse irreparabile, c’è un danno economico aggiuntivo insostenibile per lo stato di 141 miliardi nei prossimi due anni; che Comuni, Province, ospedali rischiano di andare in default; che, anche se non è ufficialmente dichiarato, ci troviamo davanti ad un conflitto militare localizzato ma ad una ‘stato di guerra’ economico finanziario di dimensioni mondiali”.

“Fatte queste premesse – sottolinea – come unica soluzione possibile, noi proponiamo la nazionalizzazione dei servizi di gestione di luce e gas. Dal punto di vista giuridico i trattati europei lo consentono. Basta ricordare che Macron per bloccare la scalata di Eni su Edf la nazionalizzò e che la Germania sta facendo la stessa operazione”.

“Con questa scelta – dice – si può ridurre quella forbice tra 0,15 euro del costo dell’energia e lo 0,55 euro del Prezzo unico nazionale ed inoltre si può/deve a prescindere sganciare il prezzo dell’energia da quello del gas. Precisiamo che noi non siamo favorevoli alle nazionalizzazioni, ma stiamo parlando di servizi dai quali dipende il futuro del nostro Paese ed è bene che in qualche modo lo Stato eserciti un potere di controllo e di indirizzo. E su questo tema poniamo una domanda. Probabilmente questo potere lo Stato lo ha, ma non lo applica. Ricordiamo a noi stessi che il Pun il prezzo unico nazionale dell’energia è stabilito dalla Gme Gestore mercati energetici che è di proprietà del Ministero del Tesoro. Abbiamo citato l’articolo 2 della Costituzione non per un richiamo generico, ma perché nell’applicazione di questo principio si può trovare una soluzione alternativa: un patto tra lo Stato e le società coinvolte nel processo di formazione dei prezzi energetici che ne determini per il periodo necessario, una forte riduzione degli stessi”.

L’azzeramento dell’iva su luce e gas, “per le imprese non rappresenta uno sconto, ma una anticipazione che in questo momento non possono sostenere. La riduzione dell’iva per i privati sarebbe a basso costo in quanto la stragrande maggioranza delle famiglie per pagare le bollette riduce il resto dei consumi. L’iva che risparmierebbero sulle bollette la pagherebbero facendo altri acquisiti. Valutati i risultati si potrebbe stabilire se rendere definitiva questa misura oppure utilizzarla nella situazione contingente”.

“Chiederemo alle massime autorità istituzionali dello Stato, al Presidente della Repubblica Prof. Sergio Mattarella al Presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi un confronto sulla situazione in cui versano le imprese e sulle condizioni sociali generali del Paese e sul percorso che abbiamo indicato. Da domani avvieremo la campagna di mobilitazione/informazione porta a porta nell’ambito dell’iniziativa ‘salviAMO le imprese, SalviaAMOL’ITALIA’. Avvieremo nei vari territori degli incontri con i rappresentanti territoriali del governo, ma anche con le amministrazioni locali con lo scopo di monitorare l’andamento della situazione. Non è escluso, se perdurasse l’attuale situazione, la convocazione di una manifestazione nelle modalità che riterremo più opportune”.

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