Lavoro: dopo pandemia cambiano i valori dei candidati, meno carriera e più benessere
Roma, 23 ott. (Adnkronos/Labitalia) – Prima la Great Resignation, ora il Quiet Quitting. Potremmo sintetizzare con queste due espressioni quello che sta accadendo nel mercato del lavoro negli ultimi due anni. Secondo i dati dell’Osservatorio Inps, negli ultimi sei-otto mesi, più di un milione di candidati italiani avrebbe dato le dimissioni. Ora, però, sembrerebbe che i lavoratori stiano facendo un passo ulteriore, per certi versi ancora più difficile da analizzare, che è connesso alla ricerca di benessere e al contrasto al burnout: niente ritmi di lavoro iper-stressanti, niente connessione h24 e 7/7 e niente rincorsa alla crescita professionale a tutti i costi.
“Indipendentemente da come vogliamo definire questo fenomeno – precisa Francesca Contardi, managing director di EasyHunters, prima società di ricerca e selezione con un Digital Operating Process – dobbiamo necessariamente fare una riflessione perché il fatto che molti candidati abbiano, negli ultimi due anni, stravolto i propri valori e abbiano iniziato a considerare il lavoro e la carriera non una priorità: abbiamo sentito storie di alcuni candidati che hanno dato dimissioni volontarie, senza avere una alternativa di lavoro già pronta”.
“Tutto questo ha un impatto notevole anche sulla vita delle aziende che, se non vogliono perdere i migliori talenti, dovranno mettere in campo strategie nuove per raggiungere maggiori livelli di engagement delle proprie risorse”, sottolinea.
La poca motivazione porta le persone a svolgere solo le attività ritenute fondamentali per portare a termine compiti e progetti. Significa, in altre parole, non andare mai oltre il proprio job title e le proprie mansioni. Il lavoro, dunque, non è più al centro della vita e anzi c’è una netta separazione tra vita professionale e vita privata, con paletti stabiliti e invalicabili. Questo è probabilmente un’eredità del Covid-19, periodo nel quale siamo stati costretti a vivere con meno e molti si sono resi conto che, tutto sommato, non è poi un aspetto così negativo.
Cosa possono fare, dunque, le aziende per evitare che questa situazione possa sfuggire di mano e impattare sui livelli di performance? Poiché, in gran parte delle imprese, la presenza costante in ufficio non è più così scontata, è fondamentale che i manager siano in grado di cogliere, anche a distanza, segnali di malessere o disallineamento delle persone, promuovendo la cultura dell’ascolto e del confronto continuo.
“Essere disponibili al confronto e all’ascolto – aggiunge Francesca Contardi – permette di cogliere, in breve tempo, eventuali criticità, ma soprattutto crea relazioni basate sulla fiducia e aiuta a costruire (o ricostruire) un ambiente sano, nel quale le persone si sentano parte di un gruppo che ha gli stessi obiettivi e gli stessi valori. Non servono grandi slogan, ma ambienti di lavoro flessibili non solo in termini di tempi e luoghi, ma soprattutto di gestione delle persone che, oggi più che mai, desiderano bilanciare nel miglior modo possibile vita professionale e vita privata”.
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