Pa, sindacati: “Tornare in smart working troppi contagi”
Roma, 4 gen. (Adnkronos/Labitalia) – La variante Omicron dilaga anche negli uffici pubblici e, tra ammalati e contatti con positivi, il 10% dei comparti è in difficoltà. I sindacati di lavoratori e dirigenti, seppure con qualche diversità di vedute, chiedono a gran voce il ripristino del lavoro agile, fortemente ridimensionato a settembre.
Casagrande (Unadis), ‘aumentare smart working fino a marzo’
“Certo, la percentuale può crescere, ma lo smart working è già una modalità che abbiamo nella Pa. Distinguiamo però il momento pandemico da quello ‘normale’: per il momento pandemico ha ragione la ex ministra Dadone, in queste ore si dovrebbe aumentare di nuovo la percentuale di lavoratori in smart working e arrivare al 50-80% di personale a casa perchè c’è un momento pandemico grave”, dice ad Adnkronos/Labitalia Barbara Casagrande, segretario generale Unadis-Unione Nazionale dei Dirigenti dello Stato, a proposito di un possibile ritorno in smart working dei dipendenti pubblici.”Per la situazione ordinaria, invece, va bene come si era già pensato: ossia valorizzare lo smart working con percentuali comunque superiori a quelle che avevano nel 2018 e 2019, ma mantenendo comunque la presenza come modalità base”, spiega. Il numero di chi lavora da casa “adesso e per il periodo gennaio- febbraio-marzo -precisa Casagrande- andrebbe aumentato, ma è una questione contingente”. “Ma come aveva organizzato nell’ordinario a fine estate il ministro Brunetta non ci dispiaceva e le cose funzionavano”, ricorda. “Certamente, noi rispetto al momento pandemico eravamo a favore dello smart working, fondamentalmente per tutelare della salute delle persone. Però in situazione ordinaria quello che è stato fatto ci sembra corretto perché in un regime senza pandemia, lo smart working deve essere garantito per una percentuale non esagerata dei lavoratori”, afferma Casagrande.
Colombi (Uilpa), ‘smart working non è dibattito politico’
“Sbagliatissimo ricondurre a scontro politico una dinamica che è soprattutto di natura contrattuale, in virtù del fatto che l’esperienza che abbiamo vissuto durante la pandemia di uno smart working emergenziale si è tradotta con un accordo in Funzione Pubblica sul lavoro agile inserito nell’ultimo rinnovato ccnl”. Così Sandro Colombi, segretario generale della Uilpa, interviene con Adnkronos/Labitalia sulla questione di un ritorno massivo allo smart working nella Pubblica Amministrazione, alla luce del dilagare dei contagi. “Perchè -chiede Colombi- visto che è un tema contrattuale, sullo smart working le singole amministrazioni non decidono insieme ai sindacati quale sia la migliore modalità che consenta di poter avere il maggior numero di dipendenti pubblici in salute? Perché è di questo che stiamo parlando”. “La variante Omicron ha portato una recrudescenza della contagiosità e gli scienziati si stanno interrogando di come sia possibile che ora sia così contagiosa. Magari i sintomi saranno attenuati, ma intanto anche i lavoratori si ammalano e in questo momento il Paese continua ad aver bisogno di un apparato statale, di una macchina pubblica funzionante”, conclude Colombi.
Carlomagno (Flp), ‘contagi esponenziali, 10% comparti in difficoltà)
“Siamo stati i primi a chiedere al presidente del Consiglio il 28 dicembre il ripristino del lavoro agile emergenziale nella Pubblica Amministrazione. I contagi sono ormai arrivati a livelli esponenziali: abbiamo circa il 10% dei comparti delle Pubbliche Amministrazioni che sono in situazione di difficoltà, perché non solo abbiamo ovviamente i contagiati che stanno in malattia, ma mancano anche tutti quelli che sono venuti a contatto con un positivo sul luogo di lavoro”. Lo dice, ad Adnkronos/Labitalia, Marco Carlomagno, segretario generale della Flp-Federazione Lavoratori Pubblici e Funzioni Pubbliche, che ha chiesto già il ritorno allo smart working nella Pa. “Oltretutto -aggiunge Carlomagno- nessun ufficio pubblico, per esempio, fornisce ai dipendenti le mascherine Ffp2. Stiamo sguarnendo gli uffici che sistematicamente devono anche chiudere per la sanificazione e così si stanno accumulando i ritardi. Questa ostinazione del ministro Brunetta rallenta e priva i cittadini di servizi”. “Potremmo invece col lavoro da remoto, in questa fase di aumento esponenziale di pandemia, fornire regolarmente i servizi, ripristinando quel lavoro agile emergenziale che ha consentito nel periodo pandemico alle amministrazioni, che non vivevano il sistema feudale che invece Brunetta vuole ripristinare, di erogare servizi. Basti pensare all’Inps e all’Agenzia delle entrate”, conclude Carlomagno aggiungendo: “Il ministro Brunetta vuol riportare tutti agli sportelli: stiamo vivendo una fase antistorica”. (di Mariangela Pani)
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