Milano: ordinanza Riesame su Hydra, ‘accordo stabile tra mafie per aumentare profitti’
Milano, 14 ott. (Adnkronos) – “Un accordo stabile e duraturo” tra gli indagati legati alle diverse organizzazioni criminali (calabrese, siciliana e romana-napoletana) e associati attraverso l’apporto comune di capitali, la predisposizione di mezzi, la messa a disposizione di risorse umane, la costituzione di società, tutti elementi funzionalmente aggregati dal fine comune, ossia quello di trarre profitto attraverso molteplici attività”. E’ questo il “sistema mafioso lombardo” ricostruito dalla procura di Milano, ‘azzerato’ dal gip Tommaso Perna, e ora riconosciuto dal Riesame che rimette in piede l’inchiesta Hydra. Lo scorso anno erano stati concessi 11 arresti su 153 misure cautelari, oggi il tribunale delle Libertà aggiunge 13 arresti ‘virtuali’ (bisognerà attendere la pronuncia della Cassazione) nei confronti di alcuni personaggi simbolo dell’indagine ossia Giuseppe Fidanzati, Gioacchino Amico e Massimo Rosi. Nomi di spicco dell’associazione di stampo mafioso operante in Lombardia, di volta in volta riconducibile, alle famiglie di Cosa Nostra dei Fidanzati e dei corleonesi, alla ‘ndrangheta della cosca Iamonte e Romeo, alla camorra delle famiglia Senese.
“Dalle indagini è emerso con chiarezza che l’associazione ha dimostrato una notevole diffusività nei settori più disparati dell’economia lombarda, progettando continuamente nuove iniziative, ed evidenziando una spiccata capacità di adattamento e di risposta alle sollecitazioni della società, ivi comprese le riforme economiche da cui ha tratto enormi profitti, sfruttando le iniziative legislative assunte al fine di promuovere l’iniziativa imprenditoriale per superare la crisi economica collegata alla pandemia”, ad esempio l’Ecobonus nel settore edile o le opportunità nel settore sanitario post Covid. La lunga ordinanza – poco più di 300 pagine – non condivide nessuna considerazione, né nel merito né sul piano cautelare, del gip Perna – l’uico a evocare la super mafia) e il collegio presieduto da Luisa Savoia (giudici Monica Amicone e Caterina Ambrosino) rimarca – a partire dall’intercettazione la “costruzione di un impero” – sia “uno snodo centrale: dimostra che l’associazione esiste in termini propriamente strutturali, e che i soggetti che ne fanno parte, appartenenti alle mafie storiche operativamente attive sul territorio milanese e del varesotto, con il placet delle associazioni di riferimento danno luogo ad una collaborazione sistemica limitata, nei termini accertati, da un certo contesto territoriale (quello lombardo), che ha prima di tutto in sé oltre che nelle azioni concrete una connotazione mafiosa, senza che ciò implichi né fusione tra associazioni mafiose né abiura della appartenenza mafiosa genetica”, laddove la diversa appartenenza non costituisce un problema per gli indagati: “qua siamo tutti e tre, siamo tutti insieme, siamo tutti una cosa”, è un’altra intercettazione.
Per il collegio “il tema non è la fama mafiosa del singolo associato ma una fama mafiosa che accomuna nella sua essenza i vertici del sodalizio (Errante Parrino, i Crea, i Pace, Rispoli e Rosi; Vestiti e Senese) e che nutre di tale mafiosità l’intero gruppo (al quale partecipano anche soggetti che una caratura omologa non sono in grado di spendere), deve rilevarsi che è stato ampiamente dimostrato che il sodalizio abbia fatto effettivo, concreto, attuale e percepibile uso – anche con metodi violenti o minacciosi – della forza di intimidazione nella commissione di delitti come nella acquisizione del controllo e gestione di attività economiche, che sono propriamente gli ambiti di attività che, secondo il parametro normativo, tipizzano al natura mafiosa del gruppo.
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