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Alimentazione: 91 centri in Italia per cura anoressia e bulimia, mappa Iss

24 Gennaio 2022

Roma, 24 gen. (Adnkronos Salute) – Sono 91 in Italia i centri pubblici dedicati alla cura dei disturbi del comportamento alimentare, problema sui cui l’emergenza pandemica ha avuto effetti pesanti. I pazienti in cura sono al 90% femmine, il 59% fra i 13 e 25 anni di età, il 6% sotto i 12 anni. La patologia maggiormente diagnosticata è l’anoressia nervosa (42,3% dei casi), seguita da bulimia nervosa (18,2%) e binge eating (14,6%). Sono alcuni dei dati che emergono dalla prima mappatura dei centri del Servizio sanitario nazionale, realizzata dall’Istituto superiore di sanità (Iss), che sarà presentata domani in un webinar. Disturbi, quelli alimentari, che la pandemia di Covid-19 ha aggravato e amplificato.

La piattaforma online, interattiva e aggiornabile in tempo reale – riferisce una nota – è il risultato raggiunto attraverso il progetto ‘Ma.nu.al’ che il ministero della Salute, nell’ambito delle azioni centrali del Ccm (Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie), ha affidato al Centro nazionale dipendenze e doping dell’Iss. Si tratta del primo censimento in Italia dei servizi ambulatoriali, residenziali e semi-residenziali appartenenti al Ssn e dal 2022 coinvolgerà anche le strutture del privato accreditato.

Al 31 dicembre 2021 la mappatura conta 91 strutture su tutto il territorio nazionale: 48 centri al Nord (di cui 16 in Emilia Romagna), 14 al Centro Italia e 29 tra Sud e Isole. Sono 963 i professionisti che lavorano nei centri, tutti formati e aggiornati: soprattutto psicologi (24%), psichiatri o neuropsichiatri infantili (17%), infermieri (14%) e dietisti (11%). Sono inoltre presenti gli educatori professionali (8%), i medici di area internistica e pediatri (5%), i medici specialisti in nutrizione clinica e scienza dell’alimentazione (5%), i tecnici della riabilitazione psichiatrica (3%), gli assistenti sociali (2%) e infine i fisioterapisti (1%) e gli operatori della riabilitazione motoria (1%).

Il censimento, in continua evoluzione – sottolinea l’Iss – consente anche di conoscere informazioni relative all’utenza assistita. Risultano in carico al 65% dei centri censiti oltre 8mila utenti. Poco meno di 3mila sono in carico da più di 5 anni e soltanto nell’ultimo anno di riferimento (2020) hanno effettuato una prima visita circa 4.700 pazienti. Lo strumento diagnostico più utilizzato è il Dsm5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali): 87%. I percorsi offerti all’utenza vedono l’integrazione di diverse tipologie di intervento: psicoterapeutico (100%), psicoeducativo (99%), nutrizionale (99%), farmacoterapico (99%), di monitoraggio della condizione psichico-fisico-nutrizionale (99%) e di abilitazione o riabilitazione fisica e sociale (62%). Gli interventi psicoterapeutici comprendono approcci individuali (98%), familiari (78%) e di gruppo (66%), spesso co-presenti.

L’accesso presso i servizi avviene solitamente in modalità diretta, su richiesta del paziente (83%). Le prestazioni vengono generalmente erogate dietro pagamento del ticket sanitario (78%), ma possono essere fornite anche gratuitamente (29%) o essere erogate in regime di intramoenia (9%). Quasi tutti i servizi censiti rilevano l’esordio della patologia (98%), il tempo trascorso tra l’esordio e la presa in carico del paziente (97%) ed eventuali trattamenti pregressi (98%). I centri censiti propongono percorsi terapeutici multimodali, i livelli di assistenza sono a carattere prevalentemente ambulatoriale di tipo specialistico (92%), ma anche intensivi ambulatoriali o semiresidenziali (62%), mentre la riabilitazione intensiva residenziale è offerta nel 17% delle strutture.

“Il progetto – afferma Roberta Pacifici, responsabile del Centro nazionale dipendenze e doping dell’Iss – nasce con lo scopo di offrire ai cittadini affetti da tali patologie, alle loro famiglie e agli operatori sanitari che se ne occupano una mappa delle risorse presenti sul territorio e della loro offerta assistenziale, per facilitarne conoscenza ed accesso. Il contesto emergenziale Covid-19 non ha, però, fermato la lotta ai disturbi alimentari. Un simile scenario ha sollecitato un forte ed efficace impegno comune per indirizzare le strategie politiche e di intervento pubblico verso nuove forme di governance. Per questo, consapevoli degli ulteriori disagi che l’emergenza sanitaria ha causato ai pazienti e ai loro familiari, il ministero della Salute e l’Iss hanno ritenuto più che mai di fondamentale importanza la disponibilità di un ‘primo riferimento’ e, a tal fine, hanno fortemente sostenuto la mappatura territoriale dei Centri dedicati alla cura al fine di garantire i migliori livelli di accesso e appropriatezza dell’intervento”.

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