Covid: italiano in team vaccini Cuba, ‘se non proteggiamo bambini non finirà’
Roma, 28 feb. (Adnkronos Salute) – “Se non vacciniamo in modo omogeneo la popolazione mondiale, soprattutto i bambini, avremo sempre focolai e il rischio di nuove varianti. Oggi nei Paesi più poveri non stiamo vaccinando, mentre in Europa abbiamo immunizzato i furetti”. Così all’Adnkronos Salute Fabrizio Chiodo, chimico e ricercatore del Cnr di Pozzuoli, che dal 2014 collabora attivamente con l’Instituto Finlay de Vacunas (Ifv) dell’Avana, e fin dal principio ha lavorato insieme al team che ha sviluppato il vaccino cubano Soberana.
“Le ultime varianti e sottovarianti arrivate dal Sudafrica, sviluppatesi probabilmente da soggetti Hiv positivi immunodepressi e non vaccinati, ci hanno detto che questa doppia velocità non è la via d’uscita dall’emergenza Covid. Occorre vaccinare tutti ma soprattutto, e questo Cuba l’ha capito prima di tutti, la popolazione pediatrica – rimarca Chiodo – In Italia tra i 5-11enni siamo fermi intorno al 30%, non c’è vaccino per 2-5 anni e se verrà approvato quello di Pfizer sono previste tre dosi. Cuba con Soberana 02 ha coperto la fascia dei più piccoli per oltre il 90%, non ci sono le reinfezioni che vengono registrate invece in Italia”.
“A Cuba, grazie all’efficacia dei vaccini e all’alta percentuale di copertura (oltre il 90%) nella popolazione adulta e in quella pediatrica, frutto di una grande fiducia nella sanità pubblica e nella totale assenza di no-vax – ricorda Chiodo – la variante Omicron è arrivata e se ne è andata. E questo discorso è indipendente dalla qualità del vaccino, ovvero solo se vacciniamo la fascia dei bambini possiamo impedire la circolazione del virus, altrimenti continueremo a dover fare i conti con recrudescenze. Ad agosto scorso, per colpa di Delta a Cuba ci sono state molte reinfezioni, ma la chiave è stata Soberana 02, che è estremamente efficace. E sono riusciti a fermarla”.
Le differenze tra Cuba e Italia nell’affrontare la pandemia rendono un confronto tra i modelli “difficile”, spiega il ricercatore, ma il punto è che entrambi i Paesi hanno un servizio sanitario pubblico. “Cuba ha puntato alla biotecnologia pubblica fin dall’inizio, e parliamo di un Paese che vive sotto embargo – avverte – all’inizio della pandemia non aveva molti armi, ma sono riusciti a sviluppare 5 vaccini. E la mia grande sorpresa è che siamo riusciti ad arrivare a un vaccino proteico prima di colossi come Gsk e Sanofi. E oggi Cuba, risultato incredibile, è davanti a Pfizer nello sviluppo di un vaccino per i più piccoli”.
Chiodo ricorda poi come l’Italia, la Danimarca e l’Olanda “avevano industrie che producevano vaccini pubblici, mi chiedo perché in Europa c’è l’Esa, l’Agenzia spaziale europea, e non può esserci – si chiede – un hub vaccinale europeo? Cuba dimostra che si può fare, e non parlo solo di Covid, ma di tante altre malattie che potrebbero avere un risposta”.
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