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Covid: pediatri di famiglia, ‘rivedere sistema quarantene scuola’

1 Febbraio 2022

Roma, 1 feb. (Adnkronos Salute)() – “L’attuale sistema delle quarantene scolastiche è profondamente da rivedere”. Ne sono convinti i pediatri della Società italiana delle cure primarie pediatriche (Sicupp), pur “consapevoli delle giuste cautele utili a limitare il contagio fra i bambini e gli adolescenti e della necessità di non sottovalutare l’infezione da Sars-Cov-2”.

“Attualmente la pandemia vede un numero estremamente alto di bambini sani che vengano relegati in casa per successive quarantene scolastiche o familiari. Questi periodi di isolamento sociale – sottolineano Paolo Becherucci, presidente Sicupp, ed Emanuela Malorgio, vicepresidente Sicupp – preoccupano molto noi pediatri di famiglia: stiamo vedendo un allarmante aumento di disturbi della sfera psichiatrica (ansia, depressione fino all’autoisolamento sociale) e cognitiva degli adolescenti e dei bambini. Particolarmente in difficoltà sono poi i bimbi con bisogni speciali e le loro famiglie. Le quarantene ostacolano i percorsi terapeutici dedicati ai disturbi del neurosviluppo (quali autismo, ritardo dello sviluppo in età evolutiva, ritardo del linguaggio, iperattività, deficit dell’attenzione), ai disturbi psicologici e psichiatrici e alle patologie croniche dell’infanzia, senza considerare che ostacolano la campagna vaccinale. La Dad d’altro canto sta accentuando i problemi di apprendimento e di limitazione culturale nei ragazzi, e crea non poche difficoltà nelle famiglie coinvolte, di natura logistica ed economica”.

A fronte di questo quadro, i pediatri di famiglia chiedono “sostanziali modifiche delle norme di quarantena, per ridurre i tempi di isolamento dei bambini”. Propongono di “uniformare le norme che regolano le quarantene scolastiche con quanto previsto in caso di contatto stretto in ambito extrascolastico; applicare anche ai bambini della scuola primaria quanto previsto per le scuole superiori, in particolare per i soggetti vaccinati con due dosi o guariti dalla malattia, permettendo loro di continuare ad andare a scuola in autosorveglianza; semplificare fortemente o addirittura eliminare le modalità di identificazione dei positivi nella popolazione asintomatica in età pediatrica scolare, dove la metodologia del T0-T5 (tampone per tutti i componenti di una classe al primo caso positivo al giorno 0 e al giorno 5) applicata nei mesi autunnali si è rivelata fallimentare nel controllo della diffusione dell’infezione”.

E ancora, si suggerisce di “accorciare gli isolamenti protratti fino a 21 giorni, come già accade in altri Paesi (Usa e Gran Bretagna), poiché la letteratura scientifica sostiene che oltre i 10 giorni è improbabile essere contagiosi, seppur rimanendo positivi al tampone molecolare; permettere il ritorno a scuola con il solo referto di un tampone negativo, dopo quarantena, ma anche dopo positività, senza necessità ne di liberatoria da parte del Dipartimento di prevenzione ne di certificato del medico”.

Così “si permetterebbe ai bambini e agli adolescenti di avere una vita scolastica e sociale quanto più possibile vicina alla normalità”, concludono Becherucci e Malorgio.

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