Eutanasia: associazione Coscioni, ‘+111% richieste, in 17 pronti a rischiare carcere’
Roma, 7 feb. (Adnkronos Salute) – Sono aumentate del 111% le richieste sull’eutanasia all’associazione Luca Coscioni, che negli ultimi 12 mesi, attraverso tutti i suoi canali, tra i quali il numero bianco sul fine vita (06 9931 3409), ha fornito prima le informazioni e poi, in alcuni casi, un aiuto pratico sul tema, a partire dal modulo per la richiesta di verifica delle condizioni per accedere al ‘suicidio assistito’ in Italia. Le informazioni o l’aiuto per la Svizzera – dove la pratica è legale – sono fornite da Marco Cappato con Soccorso civile, organizzazione che vede oggi 17 persone pronte ad assumersi il rischio di conseguenze penali per aiutare persone malate a porre fine alle proprie sofferenze. Lo comunica l’associazione Coscioni.
Altre 10 persone – si legge in una nota – si sono unite a Marco Cappato, Mina Welby, Gustavo Fraticelli, Felicetta Maltese, Chiara Lalli, Virginia Fiume e Marco Perduca nell’organizzazione di azioni di disobbedienza civile sul fine vita. Ecco i loro nomi: Cinzia Fornero (51 anni, Torino), Cosimo (Mino) Dentizzi (71 anni, Campobasso), G.I. (25 anni, Como), Luca Piva (46 anni, Milano), Mariasole Cavarretta (34 anni, Crotone), Matteo Giusti (38 anni, Prato), Paola Zaldera (65 anni, Biella), Renato Michelotti (65 anni, Livorno), Roberta Pelletta (71 anni, Genova), Tommaso Colombini (61 anni, Firenze). L’allargamento – fanno notare dall’associazione – è indispensabile per far fronte a una sempre maggiore richiesta, +111% negli ultimi 12 mesi.
Nello specifico, in totale, nell’ultimo anno, sono state 351 le persone che hanno richiesto informazioni di questo tipo (contro le 166 dei 12 mesi precedenti), ovvero quasi 30 al mese; 62 richieste da gennaio 2023 (+313% rispetto alle 15 dello stesso periodo dell’anno precedente), mentre 1.246 è il numero di persone che più in generale hanno chiesto informazioni sul fine vita (testamento biologico, cure palliative, interruzione terapie). Sono aumentati anche i pazienti che hanno chiesto aiuto a Marco Cappato per raggiungere la Svizzera attraverso Soccorso civile (www.soccorsocivile.org) – spiega ancora la nota – l’associazione da lui fondata nel 2015 insieme a Mina Welby e Gustavo Fraticelli e di cui è responsabile legale. Proprio per far fronte alle richieste, Marco Cappato aveva lanciato un appello pubblico affinché altre persone assumessero con lui i rischi giudiziari.
“Saluto il coraggio di chi è pronto a pagare in prima persona per difendere le proprie convinzioni e la libertà di tutti – dichiara Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Coscioni e fondatore dell’associazione Soccorso Civile -. Ci siamo impegnati ad aiutare altre due persone ad andare in Svizzera, una delle quali a Bologna già nei prossimi giorni”.
Filomena Gallo, avvocata e segretaria dell’Associazione Coscioni però ammette: “Non ci facciamo alcuna illusione sulla capacità di questo Parlamento di affrontare adeguatamente la questione – dichiara – per rispondere alle urgenze dei pazienti che vogliono il rispetto delle loro scelte nel fine vita; per questo è importante che nel silenzio delle aule parlamentari siano le aule di giustizia a esprimersi su quello che consideriamo un diritto fondamentale, e che chiederemo anche all’Unione europea di riconoscere e garantire”.
Le prossime persone malate che verranno accompagnate in Svizzera – conclude la nota – non possono accedere alla tecnica in Italia in quanto, come nei recenti precedenti di Massimiliano, Romano (parkinsonismo) e Elena Altamira (paziente oncologica), non sono in possesso di uno dei requisiti previsti dalla sentenza della Consulta 242/2019 Cappato-Antoniani, ovvero non sono “tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitale”. Nel nostro Paese, proprio grazie alla disobbedienza civile di Cappato per l’aiuto fornito a Fabiano Antoniani e quindi grazie alla sentenza 242 della Corte costituzionale, l'”aiuto al suicidio” è possibile legalmente quando la persona malata che ne fa richiesta è affetta da una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli e – appunto – è tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale. Tali condizioni devono essere state verificate dal Ssn, come accaduto nel caso di Federico Carboni, il quale lo scorso giugno ha potuto accedere al “suicidio assistito” senza che l’aiuto fornito configurasse reato.
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