Ordini medici, ‘non è un Ssn per giovani, pochi under 34 in specialità a rischio’
Roma, 24 feb. (Adnkronos Salute) – Giovani medici sempre più in fuga dalla sanità pubblica, soprattutto da alcune specialità. Che il nostro non sia un Servizio sanitario nazionale per giovani lo conferma un’analisi Cogeaps-Fnomceo, secondo cui sono 270mila i medici specialisti italiani attivi sul campo. “Un numero complessivamente alto – commenta Roberto Monaco, presidente del Consorzio della gestione anagrafica delle professioni sanitarie (Cogepas), che è anche segretario Fnomceo (Federazione nazionale Ordini dei medici) – che coincide in maniera sostanziale con i dati della Fnomceo, considerando che non tutti i medici comunicano i loro titoli e che il titolo di specializzazione non sempre combacia con l’attività esercitata. Se però andiamo a vedere il quadro demografico, ottenuto incrociando i dati Cogeaps con quelli Fnomceo, notiamo due fenomeni”, uno dei quali conferma la fuga dei giovani camici bianchi della discipline mediche ritenute più a rischio.
“Il primo” fenomeno segnalato da Monaco “è che siamo ormai arrivati al picco della cosiddetta ‘gobba pensionistica’, il grafico che conta i professionisti in uscita: la fascia di età tra i 64 e i 73 anni è infatti quella numericamente prevalente per tutte le specialità. Il secondo” fenomeno, “ancora più preoccupante, è che si nota un netto calo dei giovani medici che scelgono alcune specialità considerate più a rischio di denunce o comunque con un peggior rapporto tra gratificazioni e frustrazioni. Ecco allora che, mentre in alcune specialità, come allergologia, dermatologia, epidemiologia, il numero di medici con meno di 34 anni è confrontabile con quello della fascia di età successiva, i giovani anestesisti sono meno della metà di quanti ci si attenderebbe per mantenere costante nel tempo il loro numero. E così i cardiochirurghi, i chirurghi generali, i ginecologi-ostetrici”.
“Questo andamento – evidenzia il presidente della Fnomceo, Filippo Anelli – fa il paio con i dati diffusi ieri dal sindacato Anaao-Assomed sulle borse di specializzazione non assegnate o abbandonate: le branche che sono state le più sollecitate durante la pandemia, insieme a quelle che già da prima hanno maggiori oneri e minori onori, come la medicina di emergenza-urgenza, sono ora le meno gettonate. Mentre le più richieste sono le specialità che consentono di trovare impiego nel privato o di svolgere la libera professione. Se a questi numeri aggiungiamo quelli sui mille medici che ogni anno si trasferiscono all’estero o, ancora, quelli sul boom di cause e denunce che, come titolava ‘La Stampa’ pochi giorni fa, conta oltre 300mila processi pendenti nei palazzi di giustizia, anche se la responsabilità medica viene accertata solo nel 15% dei casi, gli indizi diventano una prova: il nostro non è un Servizio sanitario nazionale per giovani”.
“Bisogna agire – esorta Anelli – e bisogna farlo subito. Il rischio è quello di una sanità pubblica depauperata di specialisti, soprattutto in alcune branche. E’ inutile aumentare gli accessi a Medicina – avverte – se non si rende attrattiva la professione, soprattutto in quei settori dove la qualità di lavoro e di vita degli operatori è ormai ai minimi termini”.
“Occorre dunque investire sui professionisti, sugli organici, sulla sicurezza, sulle condizioni di lavoro – insiste il presidente Fnomceo – E, contemporaneamente, far sentire protetti i medici, tutelandoli da controversie temerarie, fermo restando il diritto del cittadino al giusto risarcimento. Non sono più rinviabili interventi normativi che, attirando i professionisti, salvino il nostro Ssn da una fine certa per consunzione”.
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
Leggi anche