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Ricerca: da dislessia a depressione, così la musica può diventare terapia

19 Aprile 2023

Milano, 19 apr. (Adnkronos Salute) – Note musicali e pentagrammi sotto la lente del microscopio. La scienza studia la musica che cura. Dalla depressione all’ansia preoperatoria, dalla dislessia infantile all’Alzheimer, le evidenze sul suo potere terapeutico si accumulano. A fare il punto sono stati 10 ricercatori di tutta Italia, in occasione di un convegno ospitato a Cremona al Museo del Violino. “La musicoterapia ha un valore curativo per tante patologie. Noi ci abbiamo sempre creduto”, assicura Diana Bracco, presidente di Fondazione Bracco, nel suo intervento di apertura. “E’ dimostrato che frequentare concerti, teatri, cinema e mostre aumenti la qualità della vita dell’individuo. Numerosi studi sulla popolazione di diversi Paesi hanno dimostrato che il consumo culturale individuale incide sull’aspettativa di vita, e che coloro che fruiscono raramente di eventi culturali presentano un rischio di mortalità del 60% più alto”.

La musica “guarisce l’anima e il corpo. Lenisce il dolore e rigenera vita”. E questa “storia bellissima poteva essere raccontata” solo a “Cremona, nella città della musica e dei violini”, premette il sindaco della città e presidente del Museo del violino, Gianluca Galimberti. Cosa dice la scienza? Che “non bisogna avere paura di percorrere le strade meno battute”, spiega Chiara Maugeri, vice presidente Fondazione Salvatore Maugeri e consigliere di Ics Maugeri Spa Società Benefit. “Per questo, su suggerimento di clinici esperti, fin dal 2011 abbiamo messo a punto un laboratorio che sperimentasse, con rigore scientifico, strategie d’intervento basate sull’utilizzo del suono e della musica. Gli studi vanno avanti”.

Una medicina per tutte le età. Le attività musicali condotte con gli anziani per esempio, come ha spiegato Michele Biasutti, professore ordinario dell’università di Padova, hanno avuto un effetto positivo sul loro umore, e sono state importanti per controllare i sintomi della depressione, ritardare il deterioramento delle funzioni cognitive e delle funzioni sociali. Le ricerche dell’esperto, che ha curato anche un numero speciale di ‘Frontiers’, riguardano anche la misurazione di funzioni cognitive negli anziani attraverso test con stimoli musicali come il Music Cognitive Test (pubblicato in ‘Psychology of Music’).

Dalle tempie grigie ai piccoli il passo è breve. Il training musicale, evidenzia Elena Flaugnacco, neuropsicologa e psicoterapeuta che collabora con il Centro per la salute del bambino di Trieste, può migliorare le capacità di lettura nei bambini con dislessia. Emerge da uno studio condotto su due gruppi di bambini assegnati rispettivamente a classi di musica e pittura, due ore a settimana per la durata di 7 mesi. Un’altra applicazione la illustra Barbara Sgobbi, musicoterapista in neonatologia e terapia intensiva neonatale. In un contesto ginecologico, evidenzia, la musicoterapia può essere una modalità per ridurre significativamente l’ansia preoperatoria delle pazienti sottoposte a isterectomia laparoscopica totale. La musica, sottolinea, è sicura ed è un adiuvante non invasivo per ridurre l’ansia nell’immediato periodo pre-procedurale.

Anche in patologie come la sclerosi multipla, aggiunge Federica Impellizzeri, borsista di ricerca all’Irccs Neurolesi Bonino Pulejo di Messina, le tecniche di Nmt – musicoterapia neurologica – possano incidere sull’umore, la motivazione, lo stato emotivo e le funzioni cognitive nei pazienti con la malattia. E’ anche dimostrato che le note possono essere un aiuto per far riaffiorare immagini dalla memoria, elaborare le esperienze della vita, fissare nuovi obiettivi e affrontare le proprie paure. L’ascolto di musica classica è in grado di migliorare la qualità della vita nei pazienti affetti da insufficienza cardiaca? A questa domanda ha risposto Francesco Burrai, professore a contratto presso l’università di Sassari.

Disturbi cognitivi, della qualità del sonno e i sintomi come ansia e depressione possono insorgere nei pazienti affetti da heart failure, dice. Uno studio mostra che la musica ha effetti benefici sul sistema cardiovascolare, respiratorio e neuroendocrino. Monica Panigazzi, primario fisiatra dell’Irccs Maugeri di Pavia, sottolinea come dopo un ictus, la musica e i suoi elementi (soprattutto il ritmo) siano ampiamente utilizzati nella riabilitazione. I risultati suggeriscono che le sessioni basate su tecniche di sonificazione possono essere considerate un intervento standardizzato efficace per l’arto superiore nella riabilitazione da ictus subacuto.

Se Anna Rita Giovagnoli, dirigente neurologo presso l’Istituto Carlo Besta di Milano, illustra l’efficacia di un approccio integrato tra il farmaco memantina e la musicoterapia nel trattamento dei disturbi del linguaggio che possono insorgere nei pazienti affetti dal morbo di Alzheimer, Luca Manzoni, professore associato di Informatica all’università degli Studi di Trieste spiega come si può selezionare la musica per effettuare delle terapie e dimostra che le tecniche di Machine Learning potrebbero diventare uno strumento di supporto negli interventi di musicoterapia: questi metodi possono infatti fornire ai professionisti suggerimenti nella scelta della tipologia di musica da far ascoltare ai pazienti, identificando i possibili fattori predittivi in grado di determinare un successo terapeutico.

Uno studio, approfondito da Andrea Rossi, neuropsichiatra infantile degli Spedali Civici di Brescia, ha valutato l’effetto di 3 diversi interventi musicali, rispetto invece all’assenza di musica, nella risposta fisiologica dei neonati sottoposti a procedure mediche dolorose. I neonati esposti a Mozart e Beethoven hanno dimostrato una significativa riduzione del battito cardiaco e un aumento della saturazione di ossigeno durante l’esecuzione di procedure dolorose.

Un altro studio, descritto da Enrico Muzzi, chirurgo specialista in otorinolaringoiatria e maestro di pianoforte, dimostra su 115 pazienti pediatrici esaminati tra marzo 2018 e maggio 2019 gli effetti della stimolazione uditiva, somministrata durante l’intervento chirurgico di adenotonsillectomia, sul dolore e sull’agitazione al risveglio dall’anestesia generale. I risultati confermano una diminuzione di queste problematiche rispetto ai pazienti che non avevano ascoltato la musica o il rumore del battito cardiaco durante l’intervento. Questi risultati sono stati pubblicati nel 2021 su ‘Jama Otolaryngology-Head and Neck Surgery’. L’evento di oggi fa seguito al ciclo di tre incontri che Fondazione Bracco ha realizzato con la collaborazione scientifica di Istituti clinici scientifici Maugeri Irccs di Pavia, Conservatorio di Musica G. Verdi di Milano, e Museo del Violino di Cremona.

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