Modelli alimentari più sostenibili, il contributo della Food Citizenship
(Adnkronos) – La Food Citizenship, o cittadinanza alimentare, consiste in una maggiore interazione fra il mondo produttivo e i cittadini/consumatori per accrescere la consapevolezza dell’impatto che i diversi sistemi di produzione agricola possono avere sull’ambiente. Raggiungere una maggiore sostenibilità significa ripensare e ridisegnare i sistemi agroalimentari, orientandoli verso il diritto al cibo, la valorizzazione della territorialità e la protezione degli agroecosistemi dal degrado. E’ quanto emerge nello studio Food Citizenship as an Agroecological Tool for Food System Re-Design (La cittadinanza alimentare come strumento agroecologico per la riprogettazione del sistema alimentare) effettuato dal Crea, con i suoi centri Agricoltura e Ambiente ed Alimenti e Nutrizione, appena pubblicato sulla rivista internazionale Sustainability.
La distribuzione di un questionario on-line con 35 domande ha permesso di investigare su due principali tematiche: la prima riguarda il livello di consapevolezza delle conseguenze delle nostre scelte alimentari sull’ambiente, la conoscenza soggettiva percepita del cibo biologico, del costo del cibo biologico e dei fattori più rilevanti negli acquisti alimentari; la seconda, la profilazione dettagliata del consumo di frutta e verdura biologica fresca e di quarta gamma. Al questionario hanno partecipato oltre 500 cittadini distribuiti sul territorio nazionale da Nord a Sud (il 43% nel Nord, il 38% nel Centro e il 19% nel Sud) e residenti soprattutto (oltre l’80%) in città piccole e grandi. Sono state intervistate principalmente donne (l’80%), nella fascia di 50-69 anni (il 60%), con un livello di istruzione medio (diploma di istruzione secondaria, il 47%) e alto (laurea, il 41%).
L’elaborazione ha permesso di individuare due principali gruppi a seconda della maggiore (il 55,4% del totale del campione) e minore (il 44,6% del totale) attitudine a riconoscere l’impatto ambientale delle proprie scelte alimentari. Il gruppo con un approccio più responsabile nei confronti dell’ambiente è risultato, anche, più consapevole che le proprie scelte di spesa alimentare possono ridurre l’impatto negativo sulla biodiversità e sul riscaldamento globale. Ne fanno parte le classi di età più giovani (il 9% di età 18-29 e il 37,2% di 30-49 anni contro, rispettivamente, il 6,2% e il 26,3% dell’altro gruppo). I più attenti alle conseguenze delle loro scelte hanno, inoltre, manifestato una maggiore sensibilità nei confronti degli aspetti sociali dei propri acquisti alimentari.
Secondo lo studio, i più attenti sono anche quelli che consumano più ortaggi e verdura biologiche (31,4% li consumano sia diverse volte al mese che diverse volte a settimana,) e da più tempo (50% contro il 22,4%) e con una maggiore disponibilità a pagare un prezzo più alto, rispetto ai prodotti alimentari convenzionali (76,3% contro il 67,3% sono disponibili a pagarli il 25% in più; l’8,8% contro il 2,6% anche il 50% in più).
“Lo studio della consapevolezza alimentare dei consumatori – ha commentato Fabio Tittarelli, ricercatore del Crea Agricoltura e Ambiente e coordinatore dello studio – è il primo passo verso un cambio di paradigma che porta le persone a percepire se stessi non più come semplici consumatori volti a soddisfare dei bisogni personali, ma come dei cittadini che consumano cibo, associando all’acquisto di cibo una dimensione etica e sociale a garanzia di tutti gli attori della filiera. È in questa ottica che l’implementazione del concetto di Food Citizenship può essere considerato uno strumento dell’agroecologia, utile per ri-disegnare l’attuale sistema agroalimentare”.
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