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La meritocrazia nel settore pubblico non si ottiene per legge

Cosa non convince del “decreto reclutamento“: valorizzare le risorse ‘per bene’ costa fatica e un tempo che il Pnrr non concede.

La meritocrazia nel settore pubblico non si ottiene per legge

Cosa non convince del “decreto reclutamento“: valorizzare le risorse ‘per bene’ costa fatica e un tempo che il Pnrr non concede.

La meritocrazia nel settore pubblico non si ottiene per legge

Cosa non convince del “decreto reclutamento“: valorizzare le risorse ‘per bene’ costa fatica e un tempo che il Pnrr non concede.
Cosa non convince del “decreto reclutamento“: valorizzare le risorse ‘per bene’ costa fatica e un tempo che il Pnrr non concede.
Il cosiddetto “decreto reclutamento”, previsto dal Pnrr per rafforzare gli uffici pubblici, è diventato legge nei primi giorni di agosto. Ora le pubbliche amministrazioni potranno assumere nel caso in cui manchino loro le competenze professionali e manageriali specialistiche necessarie. Il decreto ripropone inoltre il tentativo, evidentemente fin qui fallito, di introdurre criteri di selezione trasparenti e più efficaci – in sintesi: meritocratici –per i dipendenti pubblici e, in particolare, per la dirigenza apicale. Sarà la volta buona, per il successo del Pnrr e, quindi, del Paese? Ahimè no, perché la meritocrazia non può essere imposta per legge ma va praticata nella quotidianità. E questo costa fatica. E tempo, che il Pnrr non ci dà. Per questo i buoni propositi, anche se del governo, servono ma non bastano. Al pari dell’insistente e affascinante evocazione del termine meritocrazia, una sorta di litania laica forse per autoassolversi. Serve, piuttosto, altro. Iniziando dai tanti ‘casi di successo’, che hanno visto protagonisti uffici e aziende pubbliche e che vengono raccontati e usati come slogan anziché essere valorizzati e replicati. Questo per due motivi. Da una parte, gli elevati livelli di efficienza nell’amministrare la cosa pubblica escludono le ‘cortesie’ a futura memoria e azzerano le ‘corti’, i ‘giri’ popolati di Uriah Heep (l’aiutante di Wickfield, in “David Copperfield” di Charles Dickens): persone mediocri o addirittura squallide che hanno fatto carriera senza alcun merito e che per diventare cortigiani hanno rinunciato a pensare, ammesso che sapessero farlo, interessati come sono soltanto alla loro posizione e alla loro tranquilla sinecura. Dall’altra, non è semplice recuperare i tanti dipendenti pubblici ‘per bene’, quelli che, giorno dopo giorno, si sono progressivamente ritirati, rendendosi conto che era assolutamente inutile – e, in alcuni casi, pure pericoloso – continuare a fare il proprio dovere. Perché i capaci e gli intelligenti sono spesso sgraditi: da chi non ama venir contraddetto; dai megalomani che desiderano sentirsi ammirati; da chi, finalmente ‘arrivato’ dopo una vita a dire sempre di sì, ha paura che si noti la differenza; da chi è pigro, perché è più comodo avere abitualmente attorno dei mediocri. Il “decreto reclutamento” non prevede nulla di tutto questo e non considera questo enorme bacino di dipendenti pubblici ‘per bene’. Senza recuperare queste vittime degli Uriah Heep e dell’eutanasia della meritocrazia non si va – e non si andrà – da nessuna parte, mentre il Pnrr ha bisogno di tutti e, prima di tutto, di azioni concrete e tangibili in questa direzione. di Maurizio Bortoletti

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