La risoluzione approvata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sull’Afghanistan suona come un elenco di buone intenzioni e ottimi propositi, drammaticamente stridenti con la realtà sul campo. Un libro dei sogni, per una transizione spazzata via in un gorgo di violenza. Non sfugge la significativa astensione di Russia e Cina, frutto di antichi riflessi condizionati, ma soprattutto segnale voluto e cercato da Mosca e Pechino per certificarne l’accresciuto ruolo nell’area. Una conseguenza diretta delle catastrofiche modalità del ritiro occidentale.
Eppure, gli Stati Uniti d’America e i loro alleati, costretti a un duro e salutare esame di coscienza nelle ultime settimane, paradossalmente hanno l’occasione perfetta per rientrare subito in gioco. Partendo proprio dalla risoluzione dell’Onu, perché l’indeterminatezza di quel libro dei sogni non potrà che indurre a rivolgersi al più presto al G20. Pena l’irrilevanza dei princìpi sanciti in seno al Consiglio di sicurezza.
Conviene leggerne alcuni passaggi: chiede di rispettare i diritti umani di tutti in Afghanistan, «compresi quelli delle donne, dei bambini e delle minoranze». Ancora, di consentire un’uscita «sicura» dal Paese e un accesso illimitato alle Nazioni Unite. Scrivere e votare è relativamente semplice, ma poi si deve avere volontà politica e forza sul campo o è sostanzialmente il nulla.
Ed è quest’ultima la realtà con cui dobbiamo, purtroppo, fare i conti. Come quando la risoluzione Onu assicura che «l’Afghanistan non diventerà mai più un rifugio per i terroristi». Volessimo produrci in un esercizio di cinismo, potremmo sostenere che in effetti il Paese è già un rifugio per terroristi. Basti pensare all’Isis-K e al terribile attentato all’aeroporto di Kabul.
La stessa bocciatura della Safe Zone – proposta fuori tempo massimo da Francia, Germania e Gran Bretagna – è la certificazione di una pericolosa illusione, che va illustrata con onestà intellettuale all’opinione pubblica: non esiste il concetto di ‘area sicura’ senza massicci interventi dall’aria e una presenza sul terreno, che comporta un forte rischio di perdite fra i civili e le forze impegnate per proteggere l’ipotetica area di evacuazione.
Ecco che, senza coltivare pericolose illusioni, l’ipotesi del G20 ha l’indiscutibile vantaggio di poter coinvolgere Russia e Cina, senza passare dal tavolo politicamente indigesto del Consiglio di sicurezza, e cercare gli attori indispensabili (Turchia, Pakistan, Qatar…) per il contenimento del regime talebano ed evitare – nei fatti, non a chiacchiere e risoluzioni – che l’Isis, nella sua versione afghana, trovi un nuovo emirato, dopo essere stato cancellato da Iraq e Siria.
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